Fiat B.R.20 Cicogna

di redazione
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Il Fiat BR.20 appartiene a quel gruppo di aerei che crearono in Italia l’illusione di avere il primato tecnologico sulle altre nazioni. Effettivamente, all’epoca del progetto, il BR 20 si rivelò una macchina molto avanzata, ma già superata allo scoppio della guerra. A dimostrazione di come i generali italiani vivessero nei sogni, va ricordata la tragica iniziativa del Corpo Aereo Italiano in Belgio, quando il meglio dell’aeronautica italiana venne mandato a dar man forte agli alleati della Luftwaffe contro la R.A.F..

Chiaramente i vari trimotori e biplani spediti allo sbaraglio, non potevano competere col meglio della tecnologia britannica tra questi anche il BR 20 fece una ben misera figura dimostrandosi un ottimo bersaglio per i caccia del Fighter Command.

Il Fiat BR.20 Cicogna fu un bombardiere medio bimotore ad ala bassa progettato e prodotto dall’azienda italiana Fiat Aviazione negli anni ’30. Rappresentò una pietra miliare nell’aviazione militare italiana, essendo il primo bombardiere interamente metallico ad entrare in servizio nella Regia Aeronautica. Al momento della sua introduzione, il BR.20 era considerato uno dei bombardieri medi più moderni al mondo, distinguendosi per l’avanzata costruzione metallica, l’aerodinamica curata e le buone prestazioni complessive.

Il BR.20 venne sviluppato in risposta a una specifica emessa dalla Regia Aeronautica nel 1934 per un nuovo bombardiere medio, capace di alte velocità, grande autonomia e un carico bellico adeguato, il tutto unito a buone caratteristiche di volo e affidabilità. La Fiat rispose con un progetto innovativo, disegnato dall’ingegner Celestino Rosatelli, che venne designato BR.20 (Bombardiere Rosatelli).

Il prototipo del BR.20 volò per la prima volta il 10 febbraio 1936 da Torino, pilotato dal collaudatore Rolandi. Le prove di volo procedettero speditamente e già nel settembre dello stesso anno iniziarono le consegne ai reparti della Regia Aeronautica. Il BR.20 venne così a equipaggiare i Bombardieri della Regia, affiancandosi e talvolta surclassando in termini di notorietà i suoi compagni di ruolo, come il trimotore Savoia-Marchetti S.M.79 Sparviero.

Formazione di B.R.20 in volo
Formazione di B.R.20 in volo

Sviluppo

Le origini del BR.20 risalgono al 1934, quando la Regia Aeronautica emise una richiesta per un nuovo bombardiere medio che potesse raggiungere i 330 km/h a 4500 m e i 385 km/h a 5000 m, con un’autonomia di 1000 km e un carico bellico di 1200 kg. Queste specifiche si ponevano obiettivi ambiziosi per l’epoca, richiedendo un aereo capace di combinare velocità, autonomia e capacità di carico notevoli, senza trascurare l’affidabilità e le qualità di volo.

Tra le varie aziende che risposero al bando, come Piaggio, Macchi, Breda, Caproni e la stessa Fiat, la maggior parte propose velivoli che potevano superare i requisiti di velocità, ma non quelli di autonomia, o che non garantivano caratteristiche di volo e affidabilità soddisfacenti. La Fiat, invece, con il suo ufficio tecnico diretto dall’ingegner Celestino Rosatelli, lavorò a un progetto che potesse raggiungere alte velocità senza trascurare il carico utile e la robustezza, puntando su una costruzione semplice ma moderna.

Il team di Rosatelli adottò una configurazione innovativa per l’epoca, con fusoliera semi-monoscocca a sezione rettangolare e struttura metallica, ala bassa a sbalzo con longheroni in duralluminio e carrello retrattile. Questa impostazione garantiva un’aerodinamica curata e pulita, ma anche una costruzione solida e razionale. Per la propulsione furono scelti i collaudati motori radiali Fiat A.80 RC.41 da 1000 CV, abbinati a eliche tripala metalliche a passo variabile. L’armamento difensivo, inizialmente basato su mitragliatrici Breda-SAFAT da 7,7 mm in torrette dorsali, ventrali e frontali, era tra i più completi della sua categoria.

Lo sviluppo del BR.20 procedette rapidamente: il progetto venne finalizzato nel 1935 e il prototipo, matricola MM.274, compì il suo primo volo già il 10 febbraio 1936 da Torino Aeritalia, con ai comandi il pilota collaudatore Rolandi. I test proseguirono a ritmo serrato, tanto che appena sette mesi dopo, nel settembre 1936, iniziarono le prime consegne ai reparti della Regia Aeronautica.

Il BR.20 entrò in servizio con il 13° Stormo Bombardamento Terrestre, dimostrando subito le sue qualità. Ulteriori valutazioni vennero condotte anche in condizioni estreme, come quelle dei territori coloniali italiani in Africa. Nell’estate del 1937, una squadriglia di tre BR.20 venne infatti inviata in Libia per prove in clima tropicale, operando da Benghazi e Tripoli. Il BR.20 si dimostrò un bombardiere robusto, veloce e ben armato, tra i migliori della sua epoca.

Nonostante fosse tra i vincitori del concorso della Regia Aeronautica del 1934, il BR.20 venne però progressivamente oscurato in notorietà dal suo diretto concorrente, l’S.M.79 Sparviero. Quest’ultimo, pur non avendo partecipato al bando originale, grazie ad alcune imprese aviatorie di rilievo si guadagnò una fama che surclassò quella del Cicogna, nonostante le prestazioni dei due aerei fossero simili. L’S.M.79, in configurazione trimotore, poteva contare su maggior potenza e affidabilità, ma anche su un’agilità che gli permetteva di assolvere ruoli preclusi al BR.20, come aerosilurante. Tuttavia, con oltre 500 esemplari costruiti, il BR.20 fu comunque prodotto in numeri importanti, pur se inferiori a quelli dello Sparviero.

Design e tecnica

Dal punto di vista tecnico e costruttivo, il BR.20 rappresentò un notevole passo avanti per l’industria aeronautica italiana dei primi anni ’30. La cellula era caratterizzata da una robusta struttura mista: la fusoliera era realizzata con tubi d’acciaio saldati, con rivestimento in duralluminio nella sezione prodiera e centrale, mentre la parte posteriore era rivestita in tela. Le ali, con superficie di 74 m², erano invece interamente metalliche, con longheroni e centine in duralluminio. Le superfici di controllo erano rivestite in tela.

Una caratteristica distintiva del BR.20 era il carrello d’atterraggio triciclo posteriore, con gli elementi principali che rientravano nelle gondole dei motori azionati da un impianto idraulico. Questa soluzione, all’avanguardia per l’epoca, garantiva un’eccellente pulizia aerodinamica. La cura per l’aerodinamica era evidente anche nella forma affusolata della prua e nelle carenature dei motori, studiate per ridurre la resistenza.

L’impianto propulsivo si basava su una coppia di motori radiali Fiat A.80 RC.41 da 1000 CV ciascuno, capaci di spingerlo a oltre 430 km/h e di garantire un’autonomia di circa 1000 km. In termini di prestazioni, il BR.20 si poneva al vertice della sua categoria, anche nel confronto coi migliori bombardieri medi stranieri coevi, almeno al momento del suo debutto.

Grande attenzione era posta anche all’armamento. Oltre al consueto carico bellico di caduta, fino a 1600 kg di bombe alloggiate in una stiva ventrale, il BR.20 disponeva anche di un potente armamento difensivo, basato inizialmente su mitragliatrici Breda-SAFAT da 7,7 mm in postazioni dorsali, frontali e ventrali. In particolare, la torretta dorsale era di un tipo innovativo, semi-retrattile, che si estendeva in caso di necessità. Nelle versioni successive l’armamento difensivo venne potenziato, adottando mitragliatrici pesanti Breda da 12,7 mm in torrette più aerodinamiche.

Un’altra caratteristica degna di nota era l’abitabilità. Grazie alle generose dimensioni della fusoliera, l’equipaggio di quattro o cinque membri disponeva di spazi e comfort superiori alla media dei bombardieri coevi. Il pilota e copilota erano affiancati in una cabina finestrata, mentre alle loro spalle trovavano posto il motorista/marconista e il puntatore/navigatore, che disponeva di una postazione vetrata nel muso con visore bombardiere e macchina fotografica verticale. Ulteriori postazioni erano disponibili per i mitraglieri.

Nel complesso, il BR.20 si presentava come un progetto molto avanzato per la metà degli anni ’30: veloce, ben armato, dalla struttura robusta e dall’aerodinamica curata. Purtroppo il veloce progresso tecnologico tipico del periodo tra le due guerre lo rese presto superato di fronte alle nuove sfide. Già nel 1937 si iniziò a lavorare su versioni migliorate, come il BR.20M con muso vetrato, fusoliera allungata e maggior uso di leghe leggere, ma il divario con i bombardieri di nuova generazione si faceva sempre più evidente.

Impiego Operativo

Fiat B.R.20 dell'Aviazione Legionaria
Fiat B.R.20 dell’Aviazione Legionaria

I primi anni di servizio

L’entrata in servizio del Fiat BR.20 Cicogna presso la Regia Aeronautica segnò una tappa importante nella storia dell’aviazione militare italiana. Quando, verso la fine del 1936, il 13° Stormo Bombardamento Terrestre di stanza a Lonate Pozzolo ricevette i primi esemplari del nuovo bombardiere, si trovò ad essere probabilmente la formazione da bombardamento più moderna al mondo in quel momento.

Subito dopo la sua introduzione, il BR.20 divenne il fulcro di un’intensa campagna propagandistica volta a celebrare i successi dell’ingegneria aeronautica nazionale. Nel 1937, due BR.20 opportunamente alleggeriti e modificati, designati BR.20A, vennero appositamente preparati per partecipare alla prestigiosa gara aerea Istres-Damasco. Pur classificandosi solo al sesto e settimo posto, contro il primo posto ottenuto dai concorrenti Savoia-Marchetti S.M.79, la partecipazione dei Cicogna contribuì a dare risalto internazionale al nuovo bombardiere italiano.

Un’altra impresa degna di nota fu il volo a lungo raggio compiuto nel 1939 da un BR.20L, versione appositamente modificata per l’occasione. Il velivolo, battezzato “Santo Francesco” e posto sotto il comando del maggiore Maner Lualdi, compì un volo senza scalo da Roma ad Addis Abeba, in Etiopia, alla ragguardevole velocità media di 390 km/h, a dimostrazione delle capacità del mezzo.

Queste imprese, ampiamente pubblicizzate dalla propaganda del regime, contribuirono a creare un alone di eccellenza attorno al BR.20, presentandolo come un aereo all’avanguardia e un simbolo della potenza aeronautica italiana.

La guerra civile spagnola

Il battesimo del fuoco per il BR.20 avvenne però lontano dai cieli italiani, sui campi di battaglia della guerra civile spagnola. Nell’estate del 1937, infatti, l’Italia fascista inviò in Spagna un primo nucleo di BR.20 per supportare le forze nazionaliste del generale Franco.

I Cicogna italiani si unirono così al nutrito contingente dell’Aviazione Legionaria, il corpo di spedizione aereo che il regime di Mussolini aveva messo a disposizione degli insorti. Basati sull’aeroporto di Tablada, vicino Siviglia, i BR.20 iniziarono presto a condurre missioni di bombardamento contro le forze repubblicane, spesso senza essere scortati da caccia.

Nonostante l’opposizione nemica, i BR.20 si dimostrarono efficaci e resistenti, potendo operare ad una quota (circa 4000 metri) che li metteva relativamente al riparo dalla reazione dei caccia repubblicani, in gran parte antiquati biplani. Nel corso del conflitto, i bombardieri Fiat presero parte a numerose azioni su tutto il territorio spagnolo, dal fronte di Teruel all’Ebro, guadagnandosi una solida reputazione come macchine precise e robuste.

Particolarmente intenso fu l’impiego durante la battaglia dell’Ebro, dall’aprile al novembre 1938, quando i BR.20 furono chiamati a supportare il massimo sforzo offensivo delle truppe franchiste. In quell’occasione, oltre ai consueti bombardamenti, i Cicogna svolsero anche missioni di ricognizione fotografica grazie alle loro eccellenti macchine da presa.

Complessivamente, nel corso dell’intera guerra civile, la Regia Aeronautica schierò in Spagna 13 BR.20, che si aggiunsero ad un ben più nutrito contingente di S.M.79 Sparviero (almeno 99 esemplari). Le perdite furono contenute: dei 13 aerei inviati, 9 sopravvissero fino alla fine del conflitto, quando furono ceduti alla neocostituita forza aerea nazionalista. Il positivo debutto operativo confermò le buone qualità del bombardiere Fiat, ma fu in parte oscurato dalle più eclatanti prestazioni del concorrente Sparviero.

In Estremo Oriente con il Giappone

Nello stesso periodo in cui i BR.20 solcavano i cieli di Spagna, un sostanzioso lotto di questi bombardieri veniva inviato in Estremo Oriente per servire sotto le insegne del Sol Levante. Nel luglio del 1937, infatti, in concomitanza con l’entrata in guerra del Giappone contro la Cina, l’aeronautica nipponica si trovò a corto di moderni bombardieri a lungo raggio, in attesa che il nuovo Mitsubishi Ki-21 fosse disponibile in quantità sufficienti.

Per colmare questa lacuna, il Giappone si rivolse all’alleato italiano, che si dichiarò disposto a fornire con priorità il materiale richiesto. Dopo una valutazione comparativa, la scelta dei giapponesi cadde sul BR.20, che venne giudicato più adatto alle esigenze rispetto al concorrente Caproni Ca.135. A influenzare la decisione contribuì anche l’ottima reputazione che il bombardiere Fiat si era già guadagnato sui cieli di Spagna.

Tra la fine del 1937 e l’inizio del 1938, l’Italia consegnò al Giappone un totale di 82 BR.20, che andarono ad equipaggiare due gruppi da bombardamento (il 12° e il 98° Sentai) di stanza in Manciuria. Ribattezzati in Giappone bombardieri Tipo 1, i BR.20 furono intensamente impiegati in missioni a lungo raggio contro le città e le vie di comunicazione cinesi durante l’inverno 1938-39.

Operando agli estremi del loro raggio d’azione e senza scorta caccia, i BR.20 subirono però perdite significative per opera dei più moderni caccia cinesi. Nonostante la robustezza della struttura, gli aerei italiani si dimostrarono vulnerabili a causa delle superfici di controllo rivestite in tela. Anche l’armamento difensivo e l’autonomia furono giudicati non del tutto soddisfacenti dai piloti giapponesi.

Nell’estate del 1939, con l’arrivo dei bombardieri Mitsubishi Ki-21, i BR.20 furono progressivamente relegati a compiti di seconda linea, per poi essere definitivamente ritirati dal servizio. Nonostante la breve e non sempre felice esperienza operativa con i giapponesi, il BR.20 fu il primo aereo italiano a ricevere un nome in codice alleato: “Ruth”.

La seconda guerra mondiale

Francia 1940

Allo scoppio della seconda guerra mondiale, il 10 giugno 1940, la Regia Aeronautica schierava complessivamente 172 BR.20, equamente divisi tra la versione base e la nuova variante BR.20M, caratterizzata da diversi miglioramenti. I reparti dotati dei Cicogna erano il 7°, 13°, 18° e 43° Stormo Bombardamento Terrestre, tutti di stanza nell’Italia settentrionale.

Nonostante fosse ormai un progetto datato e in procinto di essere sostituito da modelli più moderni, il BR.20 fu subito impiegato nelle brevi operazioni contro la Francia meridionale seguite all’entrata in guerra dell’Italia. Nella notte del 12 giugno 1940, otto BR.20 del 13° Stormo attaccarono le installazioni portuali di Tolone, seguiti il giorno successivo da altre incursioni su Hyéres e Fayence. In queste prime azioni, due bombardieri furono abbattuti e uno gravemente danneggiato.

Nelle notti seguenti, i BR.20 del 43° e 7° Stormo portarono nuovamente il loro carico di bombe su Tolone e altri obiettivi francesi, subendo perdite limitate. Con la rapida uscita di scena della Francia, già piegata dall’attacco tedesco, la campagna dei Cicogna oltralpe si concluse dopo appena un mese e otto incursioni, che erano costate cinque aerei e 19 aviatori.

La battaglia d’Inghilterra

Fu però nell’estate del 1940, nel cielo sopra la Manica, che il BR.20 iniziò a mostrare tutti i suoi limiti di fronte alla violenta reazione dei caccia britannici. In settembre, infatti, la Regia Aeronautica aveva inviato in Belgio il Corpo Aereo Italiano, forte di ben 80 BR.20M divisi tra il 13° e 43° Stormo, per partecipare a fianco della Luftwaffe alla battaglia d’Inghilterra.

Già durante il trasferimento, i Cicogna dimostrarono la loro inadeguatezza: ben 22 aerei andarono persi per problemi tecnici o errori di navigazione. Nella notte del 24 ottobre, quando 16 BR.20 decollarono per attaccare il porto di Harwich, uno si schiantò al decollo per un guasto al motore e altri due non trovarono la strada per rientrare, costringendo gli equipaggi a lanciarsi con il paracadute.

Il battesimo del fuoco sulla Manica si rivelò un bagno di sangue per i Fiat. L’11 novembre, una formazione di 10 BR.20 del 43° Stormo, scortata da caccia biplani Fiat CR.42, ma non dai più moderni Fiat G.50, fu intercettata da una grossa formazione di Hurricane della RAF durante un’incursione diurna su Harwich. Nonostante la scorta, tre BR.20 e altrettanti CR.42 furono abbattuti, a fronte di nessuna perdita inglese. La disfatta fu tale che il Primo Ministro Churchill se ne uscì con una battuta sprezzante: “Avrebbero avuto miglior fortuna proteggendo la loro flotta a Taranto”, alludendo al devastante attacco portato dagli aerosiluranti britannici alla base navale pugliese quella stessa notte.

Nelle settimane successive, i BR.20 del Corpo Aereo Italiano continuarono a condurre incursioni notturne su Harwich, Ipswich e altri centri inglesi senza subire perdite, ma il loro contributo alla battaglia d’Inghilterra fu nel complesso trascurabile. Entro la fine di gennaio 1941, tutti i Cicogna erano rientrati in Italia, con un bilancio di 20 aerei persi (3 per fuoco nemico) e 15 aviatori caduti, a fronte di appena 54 tonnellate di bombe sganciate in 12 missioni. L’amaro battesimo sulla Manica aveva dimostrato in maniera evidente che il BR.20 non era più adeguato ad affrontare una guerra moderna.

Nord Africa

Nonostante le cocenti delusioni subite sui cieli britannici, il BR.20 trovò ancora impiego nel più favorevole teatro nordafricano. Nel febbraio 1941, infatti, 14 Cicogna del 98° Gruppo si trasferirono in Libia per prendere parte alle operazioni contro le forze britanniche. Basati a Bir Dufan, in Tripolitania, i BR.20 furono impegnati in missioni notturne contro le linee di comunicazione nemiche e il porto di Tobruk, in preparazione di una grande offensiva congiunta italo-tedesca.

L’impegno dei Cicogna in Africa settentrionale proseguì con alterne fortune fino all’aprile 1942, quando gli ultimi reparti rientrarono in Italia dopo aver subito la perdita di 15 aerei. L’ultimo impiego dei BR.20 su questo fronte si ebbe in novembre, quando il 55° Gruppo contrastò con scarso successo lo sbarco alleato in Marocco e Algeria (Operazione Torch).

Nonostante il Nord Africa non fosse mai stato considerato un teatro primario per il Cicogna, l’esperienza confermò che l’aereo era ormai superato e sempre più vulnerabile di fronte al crescente numero e alla maggiore aggressività dei caccia nemici. D’altra parte, le difficoltà dell’industria italiana nell’assicurare un’adeguata produzione di velivoli moderni fecero sì che i vecchi BR.20 fossero costretti a rimanere in prima linea ben oltre il tempo massimo.

Malta

Un altro teatro in cui i BR.20 operarono a lungo, seppur con crescenti difficoltà, fu quello del Mediterraneo centrale. A partire dal maggio 1941 e fino al 1943, infatti, i Cicogna furono intensamente impiegati contro l’isola di Malta, cercando di piegarne le difese in vista di un progettato sbarco italo-tedesco.

I BR.20 del 43° e 13° Stormo, di base in Sicilia, iniziarono a martellare quasi ogni notte le installazioni militari e i porti dell’isola, dapprima con limitata opposizione. Col passare delle settimane, però, la crescente efficienza della caccia britannica e il perfezionamento delle tattiche di intercettazione notturna causarono perdite sempre più severe ai lenti e vulnerabili bimotori italiani.

Già in giugno andò perso il primo BR.20 e entro agosto il 43° Stormo aveva perso 12 aerei. Per mantenere la pressione su Malta, la Regia Aeronautica fu costretta a far ruotare continuamente i propri reparti dalla Sicilia, in un ciclo logorante destinato a proseguire per oltre un anno. Nell’ottobre 1941, il 37° Stormo perse nove BR.20 nel suo primo mese di operazioni.

Anche dopo il fallimento del progetto di invasione, i bombardieri italiani proseguirono i loro sfibranti attacchi su Malta per tutto il 1942 e sporadicamente anche nel 1943. In 16 mesi di operazioni, andarono perduti sui cieli dell’isola ben 41 BR.20, a dimostrazione di come ormai il vetusto bimotore fosse diventato facile preda per la contraerea e i caccia avversari.

Fronte orientale

Nell’agosto 1941, con l’invio in Russia del contingente italiano (CSIR), alcuni BR.20 del 38° Stormo seguirono le truppe per fornire supporto tattico e ricognizione a lungo raggio. I BR.20 del 43° Stormo li raggiunsero in settembre. Anche sul fronte orientale, i lenti e vulnerabili bimotori dovettero affrontare la crescente minaccia dei moderni caccia sovietici.

Il 5 ottobre 1941, tre Mikoyan Mig-1 e uno Yakovlev Yak-1 attaccarono il BR.20 del capitano Emilio d’Emilei. L’equipaggio italiano dichiarò l’abbattimento di due aerei nemici, e il bombardiere riuscì a rientrare a Kantemirovka, nell’oblast’ di Voronež, nonostante il pilota fosse rimasto ferito. I BR.20 furono ritirati dal fronte orientale nella primavera del 1943, prima a Odessa e poi, definitivamente, in Italia.

Altri fronti

Durante il corso della guerra, i BR.20 operarono anche nei Balcani, in particolare contro la Grecia nel 1940-41, subendo perdite severe per opera della caccia britannica, e contro la Jugoslavia, dopo l’invasione dell’aprile 1941. In questo teatro, i Cicogna furono impiegati in forze (131 aerei in quattro gruppi) sia in missioni di bombardamento che nel rifornimento delle truppe italiane accerchiate dai partigiani di Tito.

Un altro compito assegnato ai BR.20 fu quello di scorta ai convogli navali italiani nel Mediterraneo. A partire dal 1941, i Cicogna del 37° Stormo (Lecce), 13° Stormo (fine 1942), 116° e 32° Gruppo (Jesi, dal 1943) e 98° Gruppo (di base in Libia) volarono a protezione del traffico mercantile diretto in Nordafrica, spesso in cooperazione con altri tipi di velivoli come i Caproni Ca.314. Pur non essendo specificatamente attrezzati per questo compito, tanto che non riuscirono mai ad affondare un sommergibile nemico, i BR.20 contribuirono a rassicurare gli equipaggi delle navi e a limitare le perdite della marina.

Fiat B.R.20 dell'Aviazione Legionaria
Fiat B.R.20 dell’Aviazione Legionaria

Il tramonto della Cicogna

Dopo i primi due anni di guerra, i limiti del BR.20 apparivano ormai evidenti. Il bombardiere della Fiat era diventato sempre più vulnerabile alla caccia avversaria, come già aveva sperimentato al suo debutto con i giapponesi, e in quasi tutti i reparti venne sostituito da modelli più moderni come il Cant Z.1007 e il Savoia-Marchetti SM.84.

Alla data dell’armistizio dell’8 settembre 1943, dei circa 500 BR.20 costruiti ne restavano in servizio appena 80, per lo più relegati a compiti di seconda linea, come l’addestramento degli equipaggi e le missioni antisommossa nei Balcani. Un piccolo numero di questi veterani continuò a volare con l’Aeronautica Nazionale Repubblicana fino al crollo finale della Repubblica Sociale Italiana, mentre un unico esemplare venne trattenuto dall’Aeronautica Cobelligerante per incarichi di collegamento.

Il 7 giugno 1946, con la radiazione dell’ultimo BR.20, si chiudeva definitivamente la carriera operativa di quello che era stato il primo moderno bombardiere italiano. Nessun esemplare è sopravvissuto fino ai giorni nostri. Nonostante i limiti emersi nel confronto con la realtà della guerra, il Fiat BR.20 Cicogna aveva rappresentato un’importante tappa nell’evoluzione della Regia Aeronautica, aprendo la strada a quella generazione di bombardieri medi che ne costituì l’ossatura fino alla fine del conflitto. Le sue vicende, tra luci e ombre, restano una testimonianza significativa dello sforzo bellico italiano e del travagliato cammino dell’aviazione militare nazionale.

Eredità

Il Fiat BR.20 Cicogna rappresentò indubbiamente un importante progresso tecnico e operativo per la Regia Aeronautica. Al momento del suo debutto nel 1936 era un bombardiere medio estremamente moderno, veloce e ben equipaggiato, sicuramente tra i migliori della sua categoria a livello mondiale. La sua configurazione innovativa, la costruzione interamente metallica, l’aerodinamica curata e le prestazioni di alto livello ne facevano uno strumento bellico temibile e ne decretarono il successo, con oltre 500 esemplari costruiti.

Purtroppo il rapido progresso tecnologico tipico della fine degli anni ’30 rese ben presto il BR.20 obsoleto e inadeguato ad affrontare le sfide della seconda guerra mondiale. Nonostante gli sforzi profusi nello sviluppo di versioni migliorate, il divario con i bombardieri di nuova generazione appariva incolmabile. Ciononostante, i BR.20 continuarono a operare su tutti i fronti, dalla Francia ai Balcani, dal Mediterraneo all’Africa settentrionale, fino all’armistizio del 1943, dando comunque un importante contributo allo sforzo bellico italiano.

Aldilà dei limiti evidenziati dal rapido progresso tecnologico, il valore storico del Fiat BR.20 Cicogna rimane indiscusso. Questo velivolo rappresentò una svolta per la Regia Aeronautica, aprendo la strada a una nuova generazione di bombardieri e dimostrando le capacità dell’industria aeronautica nazionale. Con il BR.20, l’Italia entrò a pieno titolo nell’era dei bombardieri metallici, gettando le basi per i successivi sviluppi. Ancora oggi il Cicogna è ricordato come uno dei più significativi velivoli dell’epopea pionieristica del volo militare italiano.

Principali varianti del Fiat B.R.20

  • BR.20: prima versione in produzione di massa, 233 esemplari costruiti
  • BR.20A: versione civile, era priva di tutto l’equipaggiamento militare ed aveva il muso leggermente più arrotondato ed aveva una maggiore autonomia. Ne vennero costruiti due esemplari per partecipare a una competizione aerea
  • BR.20L: variante civile a lunga autonomia. Effettuò un volo Roma – Addis Abeba senza scali intermedi volando ad una velocità media di 404 Km/h
  • BR.20M: variante da bombardamento, in produzione a partire dal 1940. Era caratterizzata dal un muso allungato e dalle migliori caratteristiche aerodinamiche. A prua adottava una torretta difensiva Fiat H. Ne vennero prodotti complessivamente 264 esemplari.
  • B.R.20C: venne costruito un solo esemplare di questa variante sperimentale che era armata con un cannone da 37mm in prua
  • B.R.20bis: evoluzione del modello originale, adottava motori Fiat A.82 RC 42, aveva un muso vetrato completamente ridisegnato, nuovi impennaggi e ruotino di coda retrattile. Ne vennero costruiti 15 esemplari fino al luglio 1943

Informazioni aggiuntive

  • Nazione: Italia
  • Modello: Fiat B.R.20
  • Costruttore: Fiat S.A.
  • Tipo: Bombardamento
  • Motore:

    2 Fiat A.80 RC 41, radiali a 18 cilindri, raffreddati ad aria, da 1.000 HP ciascuno

  • Anno: 1937
  • Apertura alare m.: 21.56
  • Lunghezza m.: 16.10
  • Altezza m.: 4.30
  • Peso al decollo Kg.: 9.900
  • Velocità massima Km/h: 432 a 5.000 m.
  • Quota massima operativa m.: 9.000
  • Autonomia Km: 3.000 
  • Armamento difensivo:

    3 mitragliatrici

     

  • Equipaggio: 5
  • Bibliografia – Riferimenti:
     
    • Enzo Angelucci – Paolo Matricardi: Guida agli aeroplani di tutto il mondo: la Seconda Guerra Mondiale (Mondadori) ISBN: ‎ 978-8804313823.
    • Comando Supremo
    • Aeronautica Militare
     

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