Savoia-Marchetti S.M.79 Sparviero

di redazione
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Vincitore di numerose competizioni per aerei della sua categoria negli trenta, durante la guerra lo Sparviero (questo il soprannome ufficiale) si dimostrò all’altezza della situazione, non tanto nel ruolo di bombardiere originariamente previsto, ma soprattutto in quello di silurante, in cui si rivelò uno dei migliori aerei della guerra.

Come silurante lo Sparviero ottenne numerosi successi, potendo sfruttare le sue doti di manovrabilità che ne facevano un aereo con caratteristiche acrobatiche. I numerosi successi ottenuti da piloti italiani, come Buscaglia e Cimicchi, resero lo SM 79 una macchina temuta dagli inglesi che lo soprannominarono “gobbo maledetto”, divenendo forse l’aereo italiano più famoso di tutta la guerra.

Il Savoia-Marchetti SM.79 Sparviero fu un bombardiere medio trimotore ad ala bassa prodotto dall’azienda aeronautica italiana Savoia-Marchetti negli anni trenta e quaranta. È considerato forse l’aereo italiano più noto della Seconda Guerra Mondiale. L’SM.79 era facilmente riconoscibile per la sua fusoliera dalla caratteristica gobba dorsale, ed era molto apprezzato dai suoi equipaggi.

Savoia Marchetti SM 79 in volo
Savoia Marchetti SM 79 in volo

Origini e sviluppo

Le origini dell’SM.79 risalgono ai primi anni trenta, quando la Savoia-Marchetti iniziò a lavorare ad un nuovo progetto di aereo da trasporto veloce, capace di ospitare otto passeggeri e di competere nelle gare aeronautiche del tempo, come la London-Melbourne. Il team di progettazione era guidato dall’ingegner Alessandro Marchetti.

Il progetto, inizialmente denominato SM.79P (P per Passeggeri), era inteso come una versione civile del precedente bombardiere/trasporto militare Savoia-Marchetti SM.81, a sua volta derivato dall’aereo di linea S.73. La configurazione trimotore fu scelta più per ragioni di sicurezza commerciale che di velocità.

La costruzione del prototipo procedette speditamente. L’aereo, matricola I-MAGO, compì il suo primo volo il 28 settembre 1934, pilotato dal collaudatore Adriano Bacula. Benché completato troppo tardi per partecipare alla gara London-Melbourne, il prototipo dimostrò subito le sue qualità di velocità, volando da Milano a Roma in appena 1 ora e 10 minuti alla media di 410 km/h.

Nei mesi successivi, l’I-MAGO stabilì svariati primati mondiali, tra cui il volo Roma-Massaua del 2 agosto 1935 alla media di 390 km/h. Le notevoli prestazioni attirarono l’attenzione delle autorità militari, che richiesero alla Savoia-Marchetti di sviluppare una versione da bombardamento del velivolo.

Così, mentre iniziava la produzione delle versioni civili, la SM.79C da competizione e la SM.79T da trasporto transatlantico, venne approntato un secondo prototipo militarizzato. Pur mantenendo la struttura del primo esemplare, questo introduceva una gondola ventrale per il puntatore, una mitragliatrice frontale sopra la cabina di pilotaggio e una postazione difensiva caudale.

Nell’ottobre 1936 la produzione dell’SM.79 militare fu avviata su vasta scala. Oltre che dalla Savoia-Marchetti, il trimotore venne costruito su licenza anche dalla Aeronautica Umbra di Foligno. Fino al giugno 1943, quando la produzione cessò, vennero realizzati ben 1217 esemplari dell’SM.79 in varie versioni, principalmente bombardieri, aerosiluranti e trasporti. Lo Sparviero può essere considerato di gran lunga il più importante velivolo offensivo italiano della Seconda Guerra Mondiale.

Tecnica

Dal punto di vista tecnico, l’SM.79 era un monoplano trimotore ad ala bassa a sbalzo, di costruzione mista in legno e metallo, con carrello retrattile. La fusoliera aveva struttura in tubi d’acciaio saldati, con rivestimento in duralluminio nella parte anteriore, in duralluminio e compensato in quella superiore, e in tela per tutto il resto. Le ali, dalla apertura di 21,20 m, erano interamente lignee, con longheroni in abete e compensato e rivestimento lavorante in compensato. Disponevano di ipersostentatori sul bordo d’attacco e d’uscita.

La propulsione era affidata, nella versione base da bombardamento, a tre motori radiali Alfa Romeo 126 RC.34 da 780 CV, dotati di eliche tripala metalliche a passo variabile. Questa configurazione consentiva una velocità massima di 430 km/h a 4250 m, un’autonomia di 4 ore e mezza e una tangenza pratica di 6500 m. La salita a 4000 m richiedeva 13 minuti.

L’equipaggio standard era di cinque persone: primo e secondo pilota, puntatore/bombardiere, motorista/marconista e mitragliere. Il pilota e copilota erano affiancati in una cabina finestrata, subito dietro il motore centrale. Nel muso vetrato prendeva posto il puntatore, che disponeva di un complesso sistema di mira “Jozza-2”, macchine fotografiche e congegni di sgancio bombe.

L’armamento difensivo si basava inizialmente su quattro, poi cinque mitragliatrici Breda-SAFAT. Tre erano armi pesanti da 12,7 mm: due in postazioni dorsali, una fissa a +15° e una brandeggiabile, e una in postazione ventrale. A queste si aggiungevano una o due Breda da 7,7 mm in postazioni laterali.

Le bombe erano alloggiate verticalmente nel vano bombe ventrale. Il carico massimo era di 1200 kg, in varie combinazioni di ordigni da 50 a 500 kg, oltre a centinaia di spezzoni. Dal 1939 divenne possibile agganciare esternamente, su due attacchi subalari, anche bombe più pesanti o due siluri, anche se nella maggior parte dei casi ne veniva usato solo uno per non penalizzare eccessivamente le prestazioni. Il siluro standard era il Whitehead del 1938 da 875 kg.

Nel complesso, l’SM.79 si presentava come un velivolo moderno ed efficace per la seconda metà degli anni ’30. Veloce, ben armato e dal notevole carico bellico, godeva di buone caratteristiche di volo e di una robusta struttura che lo rendeva adatto anche al ruolo di aerosilurante. Non a caso, rimase il principale bombardiere italiano per tutta la durata della guerra.

Impiego operativo

I primati e i record

Grazie alle sue elevate prestazioni, l’SM.79 si guadagnò presto una reputazione di eccellenza e divenne un simbolo dell’orgoglio nazionale e della potenza aeronautica dell’Italia fascista. Tra il 1937 e il 1939, infatti, esemplari opportunamente modificati dello Sparviero conquistarono ben 26 primati mondiali di velocità e distanza. Per un certo periodo, fu il più veloce bombardiere medio del mondo.

Questa immagine di superiorità venne ampiamente sfruttata dalla propaganda del regime, che non mancò di esibire il trimotore Savoia-Marchetti in ogni occasione utile. Numerose furono le imprese aviatorie compiute con lo Sparviero per dimostrare la affidabilità e l’efficienza della tecnica italiana, dal volo su Vienna con Mussolini a bordo alle crociere aeree in Nord Africa e Sud America.

In quegli anni, l’SM.79 divenne quindi, insieme ad altri velivoli come l’S.55X o l’M.C.72, un’icona dell’Italia fascista vincente e modernizzatrice, un simbolo di quel primato dei cieli sbandierato dal regime. La realtà operativa del conflitto imminente si sarebbe però incaricata di ridimensionare drasticamente questo mito.

La guerra civile spagnola

Il debutto operativo dell’SM.79 avvenne durante la guerra civile spagnola. Nell’estate del 1937, infatti, i primi 15 Sparviero raggiunsero la Spagna inquadrati nell’Aviazione Legionaria, il corpo di spedizione aereo italiano a supporto dei nazionalisti di Franco. Basati sull’aeroporto di Valenzuela, vicino Saragozza, i trimotori italiani entrarono subito in azione contro le forze repubblicane, dimostrando la loro efficacia sia in missioni di bombardamento che di appoggio tattico.

Sui cieli di Spagna, l’SM.79 si meritò il soprannome di “gobbo maledetto” per la sua velocità e robustezza. Volando ad alta quota, normalmente senza scorta caccia, lo Sparviero si dimostrò praticamente invulnerabile per la caccia avversaria, infliggendo pesanti perdite al nemico a fronte di sole cinque perdite nei due anni di impiego. Sia le bombe da caduta che lo spezzonamento si rivelarono micidiali.

Impiegato intensivamente durante tutte le maggiori battaglie, dalla conquista del Nord nell’autunno 1937 all’offensiva in Catalogna nel 1938-39, l’SM.79 contribuì in misura determinante al successo della campagna aerea nazionalista. L’utilizzo su vasta scala del bombardiere italiano segnò una tappa fondamentale nell’evoluzione della dottrina d’impiego dell’aviazione come arma strategica.

L’esperienza spagnola confermò le qualità del velivolo e indusse la Regia Aeronautica ad ordinarlo in grandi quantità come spina dorsale delle proprie forze bombardamento. Anche paesi stranieri come Jugoslavia e Romania acquistarono lo Sparviero. Tuttavia, la guerra di Spagna mise anche in luce alcuni limiti, come la vulnerabilità alle armi contraerei e la necessità di potenziare l’armamento difensivo e l’autonomia.

Savoia Marchetti SM 79 silurante
Savoia Marchetti SM 79 silurante

L’entrata in guerra dell’Italia

Allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel giugno 1940, la Regia Aeronautica schierava circa 600 SM.79, equamente divisi tra la versione base SM.79-I e la nuova SM.79-II con motori potenziati, aerofreni e altre migliorie. I trimotori Savoia-Marchetti andarono a costituire il grosso della forza da bombardamento italiana per tutta la prima fase del conflitto.

In tutti i teatri in cui l’Italia combatté, dal Mediterraneo alla Libia, dalla Grecia alla Russia, gli Sparviero furono impegnati a fondo in missioni di bombardamento strategico e tattico, appoggio alle truppe, interdizione, ricognizione e guerra navale. Anche come aerosiluranti, ruolo in cui eccelsero grazie alle loro doti di robustezza e velocità, gli SM.79 ottennero notevoli successi contro il naviglio alleato.

Nondimeno, con il procedere della guerra e il crescente divario tecnologico con gli anglo-americani, il trimotore Savoia-Marchetti iniziò a mostrare tutti i suoi limiti. La velocità e la quota non erano più sufficienti a garantire la sopravvivenza di fronte ai caccia nemici e il limitato carico bellico, spesso ridotto per aumentare l’autonomia, ne pregiudicava l’efficacia come bombardiere.

Nonostante ciò, gli SM.79 continuarono a operare su tutti i fronti fino all’armistizio del settembre 1943 e anche oltre, inquadrati sia nelle forze della Repubblica Sociale Italiana che in quelle dell’Aeronautica Cobelligerante. Di fatto, lo Sparviero rimase l’unico bombardiere italiano di una certa efficacia per tutta la durata della guerra, a causa dei ritardi nello sviluppo di successori più moderni.

Le ultime battaglie

Nel 1943, con l’iniziativa ormai saldamente in mano agli Alleati, le opportunità per gli aerosiluranti italiani si ridussero drasticamente. L’SM.79 pagava la mancanza di un vero successore e il divario tecnologico sempre più ampio con i velivoli anglo-americani. Pur con l’introduzione di una nuova versione con motori potenziati, il vecchio Sparviero era ormai inadeguato ad affrontare una guerra aeronavale moderna.

Ciò nonostante, gli equipaggi continuarono a combattere con coraggio e abnegazione fino alla fine. Nella notte tra il 18 e il 19 aprile 1943, sei SM.79 attaccarono il porto di Bona in Algeria, affondando un mercantile e danneggiando un altro. Il 16 luglio, nel disperato tentativo di contrastare lo sbarco in Sicilia, un gruppo di Sparviero colpì con un siluro la portaerei Indomitable, mettendola fuori combattimento per alcuni mesi.

Ma queste erano ormai azioni isolate, che non potevano arrestare l’avanzata alleata. Alla data dell’armistizio, l’8 settembre 1943, restavano in linea appena 61 SM.79, di cui solo 36 efficienti. Finiva così, senza infamia e senza lode, la storia operativa di quello che era stato il bombardiere simbolo dell’Italia fascista.

Al servizio della RSI

Anche dopo l’uscita dell’Italia dalla guerra, un nucleo di irriducibili continuò a impiegare gli Sparviero nelle file dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana (ANR), l’aviazione della Repubblica Sociale Italiana di Mussolini. Usando come basi Ghedi e Venegono, i reparti aerosiluranti tentarono alcune incursioni contro il naviglio alleato in Adriatico e Tirreno, senza conseguire risultati di rilievo.

L’azione più spettacolare fu il bombardamento di Gibilterra del 4 giugno 1944. Nove SM.79, decollati dalla Francia meridionale, volarono per 2700 km per attaccare il porto della rocca britannica, sollevando grande scalpore ma causando solo danni minimi. Al rientro, cinque velivoli dovettero atterrare in Spagna per mancanza di carburante.

Fu l’ultimo sussulto degli Sparviero, ormai ridotti a poche decine di esemplari logorati da anni di guerra. Gli ultimi SM.79 furono distrutti al suolo dall’aviazione alleata o si arresero con la dissoluzione della RSI nell’aprile 1945. Si concludeva così, mestamente, la storia del bombardiere più importante e longevo del conflitto per l’Italia.

L’SM.79 all’estero

Oltre che in Italia, l’SM.79 ebbe una significativa carriera operativa anche in altri paesi, specialmente nei Balcani. La Jugoslavia ordinò nel 1938 una quarantina di esemplari, costruiti su licenza e designati SM.79K. Allo scoppio della guerra nell’aprile 1941, questi velivoli combatterono contro le forze italiane e tedesche, subendo perdite elevate. Alcuni esemplari ripararono in Grecia con il re in esilio, altri finirono in mano croata o furono incorporati nella RAF.

Ancor più massiccio fu l’impiego in Romania, che acquistò otto SM.79 con motori Junkers Jumo (JIS.79) e ne costruì altri 72 su licenza (JRS.79B), impiegandoli intensamente sul fronte orientale contro l’Unione Sovietica. Dotati di cannoncino da 20 mm e capaci di trasportare fino a 1500 kg di bombe, i trimotori romeni si dimostrarono efficaci ma vulnerabili, subendo perdite elevate negli attacchi a bassa quota.

Altri SM.79 furono esportati in Iraq e Brasile prima della guerra, ma con un ruolo limitato. Il Brasile ricevette quattro esemplari nella versione T con motori Alfa Romeo per le rotte transatlantiche, mentre l’Iraq ebbe quattro velivoli con motori Fiat per compiti di addestramento. Nessuno di questi fu impiegato in azioni belliche.

S.M.79 della 193ª Squadriglia in volo sul Mediterraneo
S.M.79 della 193ª Squadriglia in volo sul Mediterraneo

Eredità

Il Savoia-Marchetti SM.79 Sparviero fu senza dubbio il bombardiere medio italiano più importante e prodotto della Seconda Guerra Mondiale. Con oltre 1200 esemplari costruiti, rappresentò il principale velivolo da bombardamento della Regia Aeronautica, partecipando a tutte le principali campagne belliche in cui l’Italia fu impegnata dal 1940 al 1943.

Frutto di un progetto moderno e innovativo per l’epoca, l’SM.79 si distinse per le eccezionali prestazioni velocistiche, l’armamento potente e il notevole carico offensivo. Queste qualità, unite alla robustezza strutturale e alle buone caratteristiche di volo, ne fecero un bombardiere temuto ed apprezzato, ma anche un simbolo stesso della potenza aeronautica fascista.

L’impiego operativo rivelò però anche i limiti dello Sparviero di fronte all’evoluzione tecnologica del conflitto. Nonostante il valore degli equipaggi, la vulnerabilità alla caccia avversaria, l’insufficiente velocità e il ridotto carico bellico resero l’SM.79 progressivamente obsoleto e inadeguato ad affrontare uno scenario bellico profondamente mutato.

Ciò non toglie che, per la sua diffusione, longevità e il contributo dato allo sforzo bellico italiano, il trimotore Savoia-Marchetti sia da considerare il più significativo bombardiere italiano della sua epoca. Nessun altro velivolo della Regia Aeronautica fu prodotto in così gran numero e nessuno ebbe un impatto paragonabile sulle sorti della guerra aerea. Ancora oggi l’SM.79 resta nell’immaginario collettivo come l’aereo-simbolo dell’Italia in guerra.

Principali varianti del Savoia-Marchetti S.M.79

  • SM.79: prototipo, propulso da motori radiali
  • SM.79-I: prima variante in produzione con quattro o cinque uomini di equipaggio, 3 motori Alfa Romeo 126 RC34 da 780HP, apertura alare di 21.20m, lunghezza di 15.80m, velocità massima di 430 Km/h a 4.000 m. di quota e carico bellico di 1.250 Kg
  • SM.79-II: silurante propulso da 3 Alfa Romeo 126. Il vano bombe venne eliminato e venne migliorata la protezione passiva dell’equipaggio
  • SM.79-III: versione introdotta alla fine del 1942 e conosciuta anche come SM.79bis, SM.79GA (Grande Autonomia) e SM.579. Adottava motori AR.128 da 1.000 HP, venne eliminata la postazione difensiva ventrale e aggiunto un serbatoio di carburante da 1.000 litri nel posto originariamente riservato al vano bombe.
  • SM.79B: versione bimotore da bombardamento, caratterizzata dal muso vetrata e propulsa da due motori Fiat A80
  • SM.79C: versione da trasporto passeggeri, propulsa da motori Piaggio P.XI RC.40 e priva dell’armamento dorsale e ventrale
  • SM.79JR: versione bimotore prodotta per la Romania propulsa da motori tedeschi Jumo 211DA. ne vennero costruiti 8 esemplari in Italia e 72 in Romania, su licenza.
  • SM.79K: versione sviluppata per le esigenze dell’aviazione Jugoslava
  • SM.79T: versione da trasporto passeggeri a grande autonomia
  • SM.79RC: trasformazione dell’aereo in una “bomba volante” radiocomandata. Ne venne costruito un solo esemplare impiegato contro il convoglio inglese Pedestal. Controllato via radio da un Cant Z.1007, trasportava un carico di 1.000 Kg di esplosivo. La missione fallì per un guasto al trasmettitore

Informazioni aggiuntive

  • Nazione: Italia
  • Modello: Savoia-Marchetti S.M.79
  • Costruttore: SIAI Marchetti
  • Tipo: BombardamentoSilurante
  • Motore:

    3 Alfa Romeo A.R. 126 RC34 da 750 HP ciascuno

  • Anno: 1937
  • Apertura alare m.: 21.20
  • Lunghezza m.: 15.60
  • Altezza m.: 4.60
  • Peso al decollo Kg.: 10.500
  • Velocità massima Km/h: 430 a 4.000 m.
  • Quota massima operativa m.: 7.000
  • Autonomia Km: 1.900 
  • Armamento difensivo:

    4-5 mitragliatrici

  • Equipaggio: 6
  • Bibliografia – Riferimenti:
       

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