Imbarcato su tutte le maggiori unità della Regia Marina, il Ro 43 partecipò a tutti gli scontri navali della Seconda Guerra Mondiale nel teatro del Mediterraneo.
Il Ro.43 venne costruito per rispondere al un bando del 1933 in cui la Regia Marina cercava un aereo da ricognizione in grado di essere lanciato tramite catapulta dalle sue unità. Derivato dal Ro.37 il Ro.43 aveva l’ala completamente ridisegnata oltre ad avere la configurazione idrovolante con galleggiante centrale.
Impiegato come ricognitore e osservatore, il Ro 43 veniva lanciato da una catapulta per essere poi recuperato con una gru dalla stessa unità. Oltre alla variante da ricognizione biposto fu progettata anche una versione monoposto da caccia, ma l’idea non si dimostrò buona per le scarse prestazioni dell’aereo in questo ruolo.
Complessivamente vennero prodotti circa 200-240 esemplari di questo aereo, fino al 1941 di cui 48 risultavano ancora in servizio nel 1943.
Il Ro 43 è un idrovolante biplano a scafo centrale e galleggianti laterali; la struttura è di tipo misto e le ali possono essere ripiegate all’indietro per facilitare lo stivaggio a bordo delle navi.
L’IMAM Ro.43 fu un idroricognitore a galleggiante centrale e configurazione alare biplana, sviluppato dall’azienda aeronautica italiana Industrie Meccaniche Aeronautiche Meridionali (IMAM) nella prima metà degli anni ’30. Entrato in servizio nel 1935, questo velivolo robusto e compatto divenne l’aereo imbarcato standard della Regia Marina italiana durante la Seconda Guerra Mondiale, equipaggiando tutte le principali unità da battaglia della flotta.

La genesi del progetto
Le origini del Ro.43 risalgono al 1933, quando la Regia Marina emise una specifica per la fornitura di un nuovo idrovolante da ricognizione imbarcato, destinato a sostituire i precedenti modelli in servizio come i Macchi M.18 e i CANT 25. Tra le caratteristiche richieste spiccavano una velocità di 240 km/h, un’autonomia di 600 km e la possibilità di essere lanciato tramite catapulta.
Tra le varie aziende che risposero al bando, la IMAM affidò il progetto all’ingegner Giovanni Galasso, già progettista del ricognitore terrestre Ro.37. Galasso sviluppò un velivolo che, pur mantenendo un’impostazione tradizionale, presentava soluzioni tecniche interessanti, come la fusoliera a struttura mista in tubi d’acciaio e rivestimento in duralluminio, e le ali ripiegabili per facilitare lo stivaggio a bordo.
Il prototipo del Ro.43, portato in volo per la prima volta il 19 novembre 1934, si dimostrò all’altezza delle aspettative, superando nettamente le specifiche richieste grazie alla sua struttura leggera. Dopo una serie di valutazioni comparative, la commissione della Regia Marina lo dichiarò vincitore della competizione, ordinando l’avvio della produzione in serie che sarebbe proseguita fino al 1941 per oltre 200 esemplari.
Tecnica e armamento
Dal punto di vista tecnico, il Ro.43 era un idrovolante a scafo centrale dalla classica configurazione a velatura biplana degli anni ’30. La fusoliera presentava una struttura a traliccio in tubi d’acciaio al cromo-molibdeno, con rivestimento in duralluminio nella parte superiore e tela verniciata ai lati. I due abitacoli aperti in tandem ospitavano il pilota e l’osservatore/mitragliere.
L’ala era di tipo sesquiplana, con l’ala superiore, dotata di alettoni, più ampia di quella inferiore. La struttura bilongherone in duralluminio era suddivisa in due semiali ripiegabili all’indietro per ridurre l’ingombro. Il galleggiamento era assicurato da un grande scafo centrale in legno, collegato alla fusoliera da una travatura in tubi, e da due più piccoli galleggianti equilibratori sotto le semiali inferiori.
Il propulsore era un radiale Piaggio P.X R a 9 cilindri raffreddati ad aria, capace di 700 CV e abbinato a un’elica tripala metallica. L’armamento si basava su due mitragliatrici Breda-SAFAT da 7,7 mm, una fissa in caccia e l’altra brandeggiabile in una torretta ad anello dorsale. Il munizionamento bellico raggiungeva i 500 colpi per arma. A completare la dotazione c’erano apparati radio e una fotocamera per le ricognizioni.
L’impiego operativo
I primi Ro.43 cominciarono a essere consegnati ai reparti imbarcati della Regia Marina a partire dal 1935, di solito in gruppi di due-quattro esemplari per nave. Ben presto questi idro divennero una presenza familiare su tutte le principali unità da battaglia italiane, dalle corazzate Classe Littorio agli incrociatori delle Classi Zara, Trento e Montecuccoli.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale nel giugno 1940, il Ro.43 si trovò a svolgere una molteplicità di ruoli, non solo quello di ricognitore per il quale era stato concepito, ma anche di caccia, aereo di collegamento e finanche bombardiere leggero, supplendo alla mancanza di velivoli specializzati in questi compiti nella panoplia dell’aviazione di marina italiana.
Come ricognitore, il Ro.43 diede buona prova di sé, garantendo un’autonomia di oltre 5 ore che consentiva di perlustrare vaste porzioni di mare. L’osservatore disponeva di un’eccellente visuale grazie all’abitacolo vetrato e agli oblò laterali. Più problematico si rivelò invece il suo impiego come caccia, a causa della limitata velocità massima (circa 300 km/h) e del modesto armamento di sole due mitragliatrici.
Un altro limite del Ro.43 emerse presto in condizioni operative: la fragilità strutturale dello scafo, che tendeva a danneggiarsi nelle manovre di recupero con gru dalla superficie del mare, specie se mosso. Ciò costrinse spesso a far ammarare gli idro presso idroscali costieri a fine missione, riducendone la prontezza operativa.
Nonostante questi difetti, legati anche alla sua concezione ormai superata, il piccolo e generoso Ro.43 rimase il principale aereo imbarcato italiano per tutta la durata del conflitto. Gli equipaggi ne apprezzavano la manovrabilità, la robustezza e l’ottima visibilità. In mani esperte, poteva dare del filo da torcere anche ai più moderni ricognitori avversari.
Il battesimo del fuoco per il Ro.43 avvenne il 9 luglio 1940, quando una sezione decollata dall’incrociatore Zara attaccò il sommergibile britannico Phoenix al largo di Creta. Anche se i siluri lanciati mancarono il bersaglio, fu la prima azione aeronavale italiana della guerra. Da quel momento gli idro IMAM vennero intensamente impiegati in tutto il Mediterraneo.
Nella notte tra l’11 e il 12 novembre 1940, durante la Battaglia di Taranto, il Ro.43 ebbe il suo momento di maggior gloria quando un esemplare della corazzata Vittorio Veneto, pilotato dal Guardiamarina Vittorio Orseolo, riuscì ad abbattere uno dei torpedini Swordfish britannici, pur venendo a sua volta gravemente danneggiato e costretto ad ammarare.
L’episodio più tragico che vide protagonista il Ro.43 fu la Battaglia di Capo Matapan del 28 marzo 1941. In quell’occasione diversi idro decollati dalle navi italiane furono abbattuti dai caccia Alleati senza possibilità di difesa. L’impossibilità di recuperarli in mare costrinse molti equipaggi a atterraggi di fortuna sulle coste greche controllate dal nemico.
Alla firma dell’Armistizio nel settembre 1943, erano ancora una cinquantina i Ro.43 operativi tra quelli imbarcati e quelli basati a terra. Con la dissoluzione della Regia Marina, la loro storia operativa in Italia ebbe di fatto termine. Otto esemplari volarono in Sardegna tentando di raggiungere le Baleari, ma solo sei vi giunsero e furono internati in Spagna, prendendo poi servizio con la designazione HR.7 fino al 1951.

Di Zerosei – Opera propria, CC BY 3.0, link
Eredità
L’IMAM Ro.43 incarna perfettamente pregi e limiti dell’aviazione di marina italiana durante la Seconda Guerra Mondiale. Concepito negli anni ’30 per la ricognizione a medio raggio dalle unità maggiori della flotta, si trovò a fronteggiare compiti per i quali non era adatto, dalla caccia al bombardamento, a causa della mancanza di velivoli specializzati.
Pur con tutte le sue manchevolezze, dal limitato armamento alla scarsa velocità fino alla fragilità strutturale, il piccolo idro seppe farsi apprezzare per la sua polivalenza e affidabilità, restando in prima linea fino alla fine del conflitto come fedele compagno degli equipaggi italiani in tutte le principali battaglie aeronavali nel Mediterraneo.
Con il Ro.43 si chiuse l’era degli idrovolanti catapultabili imbarcati. Il futuro sarebbe stato degli aerei a decollo tradizionale, più performanti e flessibili. Ma il piccolo “cammello dei mari”, come lo avevano soprannominato i suoi piloti, entrò con tutti gli onori nella storia dell’aviazione navale italiana.
Principali varianti dell’Imam Ro.43
- Ro.43: produzione di serie
Informazioni aggiuntive
- Nazione: Italia
- Modello: Imam Ro.43
- Costruttore: Industrie Meccaniche Aeronautiche Meridionali
- Tipo: Ricognizione
- Motore:
Piaggio P.XR, radiale a 9 cilindri, raffreddato ad aria, da 700 HP
- Anno: 1936
- Apertura alare m.: 11.57
- Lunghezza m.: 9.71
- Altezza m.: 3.51
- Peso al decollo Kg.: 2.400
- Velocità massima Km/h: 303 a 2.000 m.
- Quota massima operativa m.: 7.200
- Autonomia Km: 1.092
- Armamento difensivo:
2 mitragliatrici
- Equipaggio: 2
- Bibliografia – Riferimenti:
- Enzo Angelucci – Paolo Matricardi: Guida agli aeroplani di tutto il mondo: la Seconda Guerra Mondiale (Mondadori) ISBN: 978-8804313823.
- Aeronautica Militare
- Istituto Luce