Mitsubishi K3M

di redazione
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Il K3M, Pine nel codice di identificazione alleato, fu un addestratore molto diffuso nella marina giapponese. Oltre al ruolo di addestramento alcuni esemplari furono modificati per essere adibiti al ruolo di trasporto.

Il Mitsubishi K3M (九〇式機上作業練習機, Kyūrei-shiki kijō sagyō renshūki) è un monoplano monomotore ad ala alta, carrello fisso e motore raffreddato a liquido.

Origini del progetto

La genesi del K3M si inserisce nel più ampio contesto della modernizzazione dell’aviazione giapponese degli anni Venti e Trenta, quando il Giappone guardava ancora all’Europa per acquisire tecnologie e competenze aeronautiche avanzate. Il progetto fu affidato a Herbert Smith, un ingegnere aeronautico britannico proveniente dalla prestigiosa Sopwith Aviation Company, che lavorava per la Mitsubishi come parte del programma di trasferimento tecnologico che caratterizzò quel periodo.

L’esperienza di Smith nella progettazione di velivoli militari britannici durante e dopo la Prima Guerra Mondiale si rivelò fondamentale per lo sviluppo di un aereo che doveva rispondere alle specifiche esigenze della Marina Imperiale Giapponese. Il progettista britannico riuscì a coniugare la robustezza costruttiva tipica dell’aviazione militare con la versatilità operativa richiesta dalle condizioni particolari del teatro del Pacifico.

Caratteristiche di progetto e configurazione

Il prototipo, inizialmente designato Mitsubishi 4MS1, compì il primo volo nel 1930, rivelando immediatamente le sue caratteristiche distintive. La configurazione adottata prevedeva un monoplano ad ala alta controventata, con carrello fisso a carreggiata larga che conferiva al velivolo un’ottima stabilità a terra, caratteristica fondamentale per un aereo destinato all’addestramento di piloti inesperti.

La struttura del velivolo rifletteva un approccio pragmatico alla progettazione: l’ala alta garantiva stabilità intrinseca in volo, mentre la configurazione controventata assicurava robustezza strutturale con peso contenuto. Il carrello fisso, pur penalizzando le prestazioni, offriva semplicità costruttiva e affidabilità operativa.

La disposizione degli occupanti rappresentava una soluzione ingegnosa per massimizzare la versatilità del velivolo. Pilota e mitragliere erano sistemati in cockpit separati e aperti, mentre un istruttore e due allievi trovavano posto nella cabina chiusa all’interno della fusoliera. Questa configurazione permetteva al K3M di svolgere efficacemente il ruolo di addestratore avanzato, ma anche di essere rapidamente riconfigurato per altre missioni.

Mitsubishi K3M
Mitsubishi K3M

Motore e problemi iniziali

La prima versione del K3M offerta alla Marina Imperiale si rivelò problematica sotto diversi aspetti. I problemi di stabilità, pur significativi, erano meno preoccupanti delle difficoltà legate alla motorizzazione. Il velivolo montava inizialmente un motore Hispano-Suiza 8A da 340 hp prodotto su licenza dalla Mitsubishi, un propulsore a otto cilindri raffreddato a liquido che si dimostrò poco affidabile nelle condizioni operative giapponesi.

I problemi del motore raffreddato a liquido non erano solo di natura tecnica, ma anche logistica: la manutenzione di sistemi di raffreddamento complessi in basi remote del Pacifico si rivelava estremamente impegnativa, mentre la vulnerabilità del sistema di raffreddamento in condizioni belliche rappresentava un rischio operativo significativo.

La versione K3M2

La soluzione ai problemi iniziali arrivò con la versione migliorata K3M2, che abbandonò definitivamente la motorizzazione raffreddata a liquido in favore di un più affidabile motore radiale raffreddato ad aria. Il nuovo propulsore adottato era l’Hitachi Amakaze 11, un radiale a nove cilindri capace di erogare 340 hp al decollo e 300 hp al livello del mare.

Questa modifica si rivelò decisiva per il successo del programma. I primi esemplari di produzione del K3M2 entrarono in servizio nel 1932 con la designazione ufficiale di “Addestratore per Equipaggi Tipo 90 della Marina”. La robustezza e l’affidabilità del nuovo motore, unite alle caratteristiche di volo docili del velivolo, ne fecero rapidamente uno degli addestratori più apprezzati della Marina Imperiale.

K3M3

L’evoluzione del progetto continuò con la versione K3M3, che adottava un motore ancora più potente: il Nakajima Kotobuki da 460 hp raffreddato ad aria. Questa motorizzazione conferiva al velivolo prestazioni superiori, ampliandone ulteriormente le possibilità di impiego operativo oltre al ruolo primario di addestratore.

Il Kotobuki era uno dei motori radiali più affidabili disponibili nell’industria aeronautica giapponese dell’epoca, e la sua adozione sul K3M3 rappresentava il naturale perfezionamento di un progetto che aveva già dimostrato le sue qualità fondamentali. L’incremento di potenza permetteva al velivolo di operare con carichi utili maggiori e in condizioni ambientali più impegnative.

Interesse dell’Esercito e progetto Ki-7

Le qualità dimostrate dal K3M attirarono anche l’attenzione dell’Aviazione dell’Esercito Imperiale, che stava conducendo un programma di modernizzazione della propria flotta aerea. L’Esercito vedeva nel K3M un possibile complemento al Nakajima Ki-6 e decise di acquisire due esemplari per test approfonditi, assegnando al progetto la designazione Ki-7.

I due prototipi testati dall’Esercito differivano nella motorizzazione: uno montava un motore Mitsubishi Type 92 da 475 hp, mentre l’altro utilizzava un Nakajima Kotobuki da 450 hp. Nonostante le prove dimostrassero le buone qualità del velivolo, l’Esercito decise di non ordinare alcuna versione per la produzione in serie, probabilmente per ragioni di standardizzazione logistica o per priorità strategiche diverse.

Applicazioni civili e commerciali

Parallelamente all’impiego militare, il K3M trovò anche applicazione nel settore civile. La versione commerciale era offerta agli operatori con un motore Bristol Jupiter VI da 420 hp prodotto su licenza dalla Nakajima, un propulsore radiale a nove cilindri raffreddato ad aria che garantiva prestazioni equilibrate e costi operativi contenuti.

Le versioni passeggeri potevano trasportare fino a cinque persone nella cabina, rendendole adatte per servizi di trasporto regionale e collegamento tra le numerose isole del Giappone. Questa capacità di trasporto, unita alla robustezza strutturale del velivolo, ne fece un mezzo apprezzato anche per operazioni in aree remote o poco sviluppate dal punto di vista infrastrutturale.

Mitsubishi K3M
Mitsubishi K3M

Produzione e diffusione operativa

La produzione complessiva del K3M in tutte le sue versioni raggiunse circa 625 esemplari, un numero significativo che testimoniava il successo del progetto. La maggior parte della produzione fu affidata alla Kyushu Hikoki K.K. e all’Aichi Kokuki, mentre la Mitsubishi si concentrava su progetti più avanzati.

La produzione continuò fino al 1941, coprendo quindi un arco temporale di oltre un decennio durante il quale il K3M divenne un elemento familiare negli aeroporti giapponesi. La longevità produttiva del progetto dimostrava come Herbert Smith fosse riuscito a creare un design fondamentalmente solido e adattabile alle evoluzioni delle esigenze operative.

Impiego operativo

Durante la Seconda Guerra Mondiale, il K3M dimostrò appieno la sua versatilità operativa. Oltre al ruolo primario di addestratore, il velivolo venne ampiamente utilizzato come aereo da trasporto leggero per personale e materiali, come aereo da collegamento per comunicazioni tra comandi dispersi, e occasionalmente anche come bombardiere leggero per missioni secondarie.

La configurazione con carrello fisso, inizialmente vista come una limitazione, si rivelò invece un vantaggio in molte situazioni operative. La semplicità del sistema permetteva operazioni da piste improvvisate o poco preparate, una caratteristica fondamentale nel teatro del Pacifico dove molte basi operative erano situate su isole remote con infrastrutture limitate.

Una variante particolare del K3M era quella dotata di galleggianti, che permetteva di operare dall’acqua. Questa configurazione, pur rappresentando una frazione limitata della produzione totale, dimostrava l’adattabilità del progetto di Smith alle specifiche esigenze del teatro del Pacifico, dove la capacità di operare dall’acqua era spesso cruciale.

Gli esemplari su galleggianti furono particolarmente utili per missioni di collegamento tra isole e per operazioni di soccorso, ruoli in cui la versatilità operativa del K3M si esprimeva al meglio. La stabilità intrinseca del velivolo si adattava bene alle operazioni idro, anche se le prestazioni ne risultavano inevitabilmente penalizzate.

Eredità postbellica

La robustezza costruttiva del K3M si rivelò tale che molti esemplari sopravvissero al conflitto e continuarono a operare nel periodo postbellico. Questi velivoli furono utilizzati principalmente come aerei da collegamento, spesso con livree di diverse nazioni che se ne appropriarono dopo la resa giapponese.

Principali varianti del Mitsubishi K3M

  • K3M1: versione iniziale di test
  • K3M2 Type 90 Model 1: versione iniziale in produzione di serie per la marina imperiale giapponese
  • K3M3 Type 90 Model 2: versione finale in produzione di serie per la marina imperiale giapponese
  • K3M3-L: versione da trasporto per la marina imperiale
  • Ki-7: versione realizzata per l’esercito, due soli esemplari realizzati
  • MS-1: versione da trasporto civile

Informazioni aggiuntive

  • Nazione:  Giappone 
  • Modello:   Mitsubishi K3M3 
  • Costruttore:  Mitsubishi Jukogyo K.K. 
  • Tipo:  Addestratore  
  • Motore: 

    Nakajima Kotobuki 2KA12, radiale a 9 cilindri, raffreddato ad aria, da 580 HP

  • Anno:  1939  
  • Apertura alare m.:  15.78  
  • Lunghezza m.:  9.54  
  • Altezza m.:  3.82 
  • Peso al decollo Kg.:  2.200  
  • Velocità massima Km/h:  240 a 1.000 m. 
  • Quota massima operativa m.:  6.390 
  • Autonomia Km:  800  
  • Armamento difensivo:  

    1 mitragliatrice

  • Equipaggio:  5  

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