Il Ki 76, Stella per gli alleati, era un copia su licenza del Fieseler Storch tedesco. In realtà i tecnici nipponici non si erano limitati alla copia pedissequa, introducendo alcuni miglioramenti e adottando un motore radiale a differenza di quello in linea dell’originale tedesco. L’aereo venne usato per il collegamento e l’osservazione del tiro d’artiglieria fino alla fine della guerra.
Il Kokusai Ki 76 è un monoplano monomotore ad ala alta, carrello fisso e motore raffreddato ad aria. Ne furono costruiti complessivamente 937 esemplari, incluso un prototipo.
Origine del Progetto
Nel 1940, il Kōkū Hombu, l’allora ministero dell’aviazione giapponese, si trovò a dover affrontare una carenza operativa sempre più evidente nei teatri di guerra dove l’Esercito Imperiale era impegnato. L’esperienza maturata durante le operazioni in Cina aveva chiaramente dimostrato la necessità critica di disporre di un velivolo specializzato capace di svolgere efficacemente due ruoli fondamentali: la cooperazione con i reparti di artiglieria attraverso l’osservazione e la correzione del tiro, e il trasporto leggero di personale tra diverse basi o teatri operativi.
La specifica emessa dal ministero rifletteva una comprensione matura delle esigenze tattiche moderne, richiedendo un aeromobile che potesse operare da campi non preparati, mantenere comunicazioni affidabili durante il volo, e fornire all’equipaggio un campo visivo ottimale per le missioni di osservazione. Queste caratteristiche dovevano essere integrate in una piattaforma robusta, affidabile e relativamente semplice da produrre e mantenere.
L’assegnazione del progetto alla Nippon Kokusai Koku Kogyo rappresentò una scelta strategica significativa, affidando lo sviluppo a un’azienda che aveva già dimostrato competenze nell’aviazione leggera e che poteva contare sulla direzione tecnica dell’ingegnere Kozo Masuhara, figura rispettata nell’industria aeronautica giapponese dell’epoca.
Ispirazione Tedesca e Innovazione Giapponese
Il gruppo di lavoro diretto da Masuhara prese esplicitamente spunto dal Fieseler Fi 156 “Storch” tedesco, all’epoca considerato l’esempio più avanzato di aeromobile per osservazione e collegamento. Tuttavia, anziché limitarsi a una copia o a uno sviluppo su licenza, i progettisti giapponesi decisero di reinterpretare il concetto di base introducendo soluzioni tecniche originali che riflettevano sia le tradizioni costruttive nazionali sia specifiche esigenze operative.
L’impostazione generale venne mantenuta fedele al modello tedesco: monomotore, monoplano ad ala alta con robusto carrello d’atterraggio fisso per operazioni da campi non preparati. Questa configurazione aveva dimostrato la sua efficacia nel garantire le caratteristiche di decollo e atterraggio corto (STOL) essenziali per l’impiego tattico previsto.
Le differenze sostanziali emersero nelle soluzioni tecniche specifiche, dove l’ingegneria giapponese introdusse innovazioni significative. Nella velatura, il Ki-76 adottò ipersostentatori a scorrimento (Fowler flaps) in luogo degli ipersostentatori “a fessura” del modello tedesco, una scelta che prometteva migliori prestazioni aerodinamiche e maggiore efficacia nel controllo della portanza a basse velocità.
La differenza più significativa si manifestò nella motorizzazione, dove i progettisti giapponesi optarono per un motore radiale Hitachi Ha-42 a 9 cilindri da 280 hp invece dell’8 cilindri a V Argus As 10 utilizzato sullo Storch. Questa scelta rifletteva la tradizione costruttiva giapponese che privilegiava i motori radiali, considerati più affidabili e più adatti alle condizioni operative del teatro del Pacifico.
Prototipo e Valutazioni
Il prototipo del Ki-76 venne portato in volo per la prima volta nel maggio 1941, segnando l’inizio di una fase di test intensiva che avrebbe determinato il destino del progetto. La decisione delle autorità militari di condurre una valutazione comparativa diretta con un Fi 156 importato dalla Germania testimoniava la serietà dell’approccio giapponese alla validazione dei progetti aeronautici.
Questa metodologia di confronto diretto con il modello di riferimento rappresentava una pratica avanzata per l’epoca, dimostrando come l’industria aeronautica giapponese avesse sviluppato standard di valutazione rigorosi e obiettivi. Il fatto che il Ki-76 riuscisse a superare positivamente questo confronto diretto confermava la validità delle scelte progettuali e l’efficacia delle innovazioni introdotte.
I risultati dei test furono giudicati soddisfacenti e in linea con quanto richiesto dalle specifiche originali, convincendo l’Esercito Imperiale a emettere un ordine di fornitura nel novembre 1942. La designazione ufficiale “Aereo da collegamento e comando per l’Esercito Tipo 3” rifletteva il doppio ruolo operativo previsto per il velivolo e la sua integrazione nel sistema di nomenclatura standardizzato dell’aviazione militare giapponese.
Configurazione Tecnica
Il Kokusai Ki-76 si presentava come un aeromobile tecnicamente sofisticato nonostante l’apparente semplicità della configurazione generale. La fusoliera, realizzata con una struttura in tubi d’acciaio saldati, rappresentava un compromesso ottimale tra robustezza strutturale e facilità di produzione. Il rivestimento anteriore in lamiera nella zona del motore garantiva la protezione necessaria per l’impianto propulsivo, mentre il rivestimento posteriore in tela trattata manteneva il peso contenuto senza compromettere l’integrità strutturale.
La cabina di pilotaggio a due posti affiancati era progettata con particolare attenzione alle esigenze operative specifiche. L’ampia finestratura anteriore, laterale e superiore massimizzava il campo visivo dell’equipaggio, caratteristica essenziale per le missioni di osservazione dell’artiglieria. La sezione posteriore, destinata ad accogliere un terzo membro dell’equipaggio o passeggeri, conferiva al velivolo la versatilità necessaria per diverse configurazioni di missione.
L’impennaggio classico monoderiva con piani orizzontali rinforzati da aste di controventatura garantiva stabilità e controllo adeguati, mentre la configurazione strutturale permetteva operazioni affidabili anche in condizioni meteorologiche difficili.
L’Innovazione Aerodinamica della Velatura
La velatura del Ki-76 rappresentava uno degli aspetti più innovativi del progetto, incorporando soluzioni tecniche avanzate per l’epoca. Il piano alare a pianta rettangolare montato alto sulla fusoliera e rinforzato da una coppia di aste di controvento “a V” garantiva robustezza strutturale e caratteristiche aerodinamiche ottimali per il volo a bassa velocità.
Il sistema di ipersostentazione costituiva l’elemento di maggiore innovazione tecnica. Le alette Handley-Page sul bordo d’attacco, combinate con gli ipersostentatori a scorrimento su quello d’uscita, fornivano un controllo della portanza superiore a quello ottenibile con i sistemi più semplici utilizzati su altri velivoli della categoria. Questa configurazione permetteva prestazioni STOL eccezionali, essenziali per l’impiego operativo previsto.
Una caratteristica distintiva del progetto era rappresentata dalla possibilità di ripiegare le semiali all’indietro, soluzione progettuale che facilitava notevolmente il rimessaggio e lo stoccaggio. Questa innovazione si rivelò particolarmente preziosa per l’impiego imbarcato, permettendo di ottimizzare l’utilizzo dello spazio limitato disponibile sui ponti delle navi.
Il Motore Hitachi Ha-42
La scelta del motore Hitachi Ha-42 rappresentava una decisione strategica che rifletteva le peculiarità dell’industria aeromotoristica giapponese. Questo radiale a 9 cilindri collocati su un’unica stella e raffreddato ad aria, incarnava la tradizione costruttiva giapponese che privilegiava l’affidabilità e la semplicità manutentiva rispetto alla ricerca di prestazioni estreme.
Nei modelli di produzione in serie, l’Ha-42 erogava una potenza massima di 310 hp (231 kW), superiore ai 280 hp previsti inizialmente. Questa maggiore potenza disponibile conferiva al Ki-76 prestazioni superiori a quelle del Fi 156 tedesco, dimostrando i vantaggi dell’approccio progettuale giapponese. Il motore era collocato sul muso del velivolo, racchiuso da una cofanatura metallica funzionale ed esteticamente integrata, e abbinato a un’elica bipala ottimizzata per le caratteristiche operative del velivolo.
Versatilità Operativa
L’armamento del Ki-76 rifletteva la sua natura di velivolo multiruolo con capacità difensive e offensive adattabili alle specifiche missioni. L’armamento difensivo era costituito da una singola mitragliatrice Type 89 calibro 7,7 mm, camerata per il munizionamento 7,7 × 58 mm Arisaka, a disposizione dell’osservatore. Questa configurazione garantiva una capacità di autodifesa adeguata senza compromettere le prestazioni di volo o la capacità di carico.
Per le missioni di pattugliamento antisommergibile, il Ki-76 poteva essere equipaggiato con un armamento offensivo costituito da due bombe di profondità da 60 kg. Questa capacità di trasporto offensivo, combinata con le eccellenti caratteristiche di volo a bassa velocità, rendeva il velivolo particolarmente adatto alle operazioni di ricerca e attacco contro i sommergibili nemici.
Il carrello d’atterraggio triciclo posteriore con elementi anteriori ruotati a carreggiata larga era progettato per operazioni da superfici non preparate. La struttura ammortizzata e le gambe di forza dotate di ammortizzatori garantivano operazioni sicure anche da campi improvvisati, mentre il ruotino d’appoggio posteriore completava la configurazione con stabilità e manovrabilità a terra ottimali.
Impiego Operativo
Dalla sua introduzione in servizio, il Ki-76 venne utilizzato estesamente come aereo da osservazione per la cooperazione con le unità di artiglieria dell’Esercito Imperiale e come aereo da collegamento fino al termine della Seconda Guerra Mondiale.
Le missioni di osservazione dell’artiglieria richiedevano prestazioni specifiche che il Ki-76 era in grado di fornire eccellentemente: volo stabile a bassa velocità, ottima visibilità, comunicazioni affidabili e capacità di operare da basi avanzate vicine alla linea del fronte. La configurazione del velivolo permetteva all’equipaggio di mantenere contatto visivo prolungato con gli obiettivi terrestri mentre comunicava correzioni di tiro precise alle batterie amiche.
Nelle missioni di collegamento, il Ki-76 dimostrava la sua versatilità trasportando personale, documenti e materiali leggeri tra diverse basi o teatri operativi. La capacità di operare da campi non preparati rendeva possibile stabilire collegamenti diretti anche con posizioni avanzate o isolate, contribuendo significativamente all’efficienza delle comunicazioni militari.
Impiego sulla Akitsu Maru
L’impiego più inusuale e innovativo del Ki-76 fu quello sviluppato per operazioni antisommergibili dalla portaerei di scorta Akitsu Maru, una nave interessante in quanto apparteneva all’Esercito Imperiale invece che alla Marina. Questa configurazione operativa rappresentava un esperimento audace nell’integrazione di capacità aeree e navali sotto controllo dell’esercito.
L’Akitsu Maru, ottenuta dalla conversione di un mercantile, era equipaggiata con un ponte di volo relativamente corto che sfruttava le eccellenti caratteristiche STOL del Ki-76. Per l’impiego imbarcato, i velivoli furono modificati con l’aggiunta di un gancio d’arresto per facilitare le operazioni di appontaggio e degli attacchi per due bombe di profondità da 60 kg per le missioni antisommergibili.
La dotazione normale di Ki-76 sulla nave era di sette unità, una configurazione che permetteva operazioni continue mantenendo sempre alcuni velivoli disponibili per missioni immediate. Questo impiego rappresentava uno dei primi esempi di integrazione di aeromobili terrestri in operazioni navali specializzate, anticipando sviluppi che sarebbero diventati comuni nell’aviazione militare del dopoguerra.
L’utilizzo del Kokusai Ki-76 in configurazione imbarcata per operazioni antisommergibili, nonostante l’innovazione concettuale, non diede alla fine i risultati operativi sperati. Le limitazioni erano principalmente legate alle prestazioni del velivolo in ambiente marino e alle difficoltà operative specifiche del pattugliamento antisommergibile da piattaforma navale.
Conseguentemente, i Ki-76 finirono per essere sostituiti sulla Akitsu Maru con gli autogiri Kayaba Ka-1, una soluzione tecnologica più adatta alle specifiche esigenze operative dell’antisommergibile navale. Questa evoluzione testimoniava la continua ricerca di soluzioni tecnologiche ottimali da parte delle forze armate giapponesi e la loro disponibilità ad abbandonare configurazioni non completamente soddisfacenti in favore di alternative più efficaci.
L’esperimento con il Ki-76 imbarcato rimane comunque significativo come esempio dell’approccio innovativo giapponese all’integrazione di diverse tecnologie militari e della volontà di sperimentare soluzioni non convenzionali per affrontare le sfide operative del conflitto.
Produzione
La produzione del Ki-76 proseguì durante gran parte del conflitto, terminando nel corso del 1944 quando le priorità industriali giapponesi si concentrarono su altri tipi di velivoli considerati più critici per l’andamento della guerra. Questa decisione rifletteva le crescenti pressioni produttive sul sistema industriale giapponese e la necessità di ottimizzare l’allocazione delle risorse verso progetti con maggiore impatto strategico.
Il termine della produzione non significò la fine dell’impiego operativo del Ki-76, che continuò a servire nelle sue configurazioni tradizionali fino alla conclusione del conflitto. La longevità operativa del progetto testimoniava la validità delle scelte progettuali iniziali e la capacità del velivolo di mantenere efficacia operativa anche nelle mutevoli condizioni degli ultimi anni di guerra.
Principali varianti del Kokusai Ki-76
- Ki-76: versione in produzione di massa
Informazioni aggiuntive
- Nazione: Giappone
- Modello: Kokusai Ki-76
- Costruttore: Nippon Kokusai Koku Kogyo K.K.
- Tipo: Ricognitore
- Motore:
Hitachi Ha-42, radiale a 9 cilindri, raffreddato ad aria, da 310 HP
- Anno: 1942
- Apertura alare m.: 15.00
- Lunghezza m.: 9.56
- Altezza m.: 2.90
- Peso al decollo Kg.: 1.530
- Velocità massima Km/h: 178
- Quota massima operativa m.: 5.630
- Autonomia Km: 750
- Armamento difensivo:
1 mitragliatrice
- Equipaggio: 2
- Bibliografia – Riferimenti:
- Enzo Angelucci – Paolo Matricardi: Guida agli aeroplani di tutto il mondo: la Seconda Guerra Mondiale (Mondadori) ISBN: 978-8804313823
- History of War
- airpages.ru
- Dave’s Warbirds