Nel corso della Seconda Guerra Mondiale tutte le nazioni coinvolte cercarono di produrre delle armi con nuove tecnologie, qualcosa che mettesse i propri eserciti in condizioni di superiorità nei confronti del nemico. Alcune di queste erano semplici invenzioni della propaganda, altri furono dei successi tecnologici. Impossibile dimenticare che le aeronautiche di tutto il mondo all’inizio della guerra erano ancora equipaggiate con i biplani, sostanzialmente simili a quelli che avevano combattuto in precedenza la Prima Guerra Mondiale, mentre solo 6 anni dopo tre nazioni avevano schierato in prima linea aerei a reazione.
Anche la Bomba Atomica nacque dal progetto Manhattan, a sua volta nato durante la Guerra per sviluppare un’arma di potenza micidiale.
Accanto a questi progetti di successo ce ne furono alcuni che possono sembrare ridicoli ma che furono portati avanti, spinti anche dalla paura e dalla disperazione.
1 la Bat Bomba
Non era uno dei congegni tecnologici di Batman ma un’arma sviluppata sull’idea di un dentista, Lytle S. Adams, amico personale della First Lady Eleanore Roosvelt.
L’idea si basava sull’osservazione di una particolarità di un obiettivo da colpire: in Giappone la maggior parte degli edifici erano costruiti in legno, riuscire ad appiccare piccoli focolai di incendio in un enorme numero di posti contemporaneamente avrebbe mandato in tilt i pompieri nipponici e il fuoco si sarebbe rapidamente espanso da una casa all’altra.
Come fare? Appendendo dei piccoli ordigni al fosforo al napalm a dei pipistrelli. L’idea era quindi di catturare qualche migliaio di questi mammiferi voltanti, appendere ad ognuno di questi una piccola bomba con una trentina di grammi di materiale incendiario e un timer e metterli in un contenitore. Quest’ultimo doveva essere lanciato ad alta quota da un bombardiere, appeso a un paracadute. Arrivato a circa 300 metri dal suolo il contenitore si sarebbe dovuto aprire lasciando liberi i pipistrelli. Questi si sarebbero naturalmente spari in cerca di rifugio, spaventati a morte da tutti gli strapazzi avrebbero trovato rifugio sotto i tetti delle tipiche abitazioni giapponesi.
L’immagine di migliaia di piccoli incendi che si sviluppavano più contemporaneamente in una zona molto vasta deve aver solleticato le fantasie degli strateghi americani. A parziale discolpa di questi “tecnici” va anche aggiunto che l’arma, almeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto produrre un numero relativamente limitato di vittime civili, gli ordigni infatti erano sì in grado di appiccare un incendio ma solo in circostanze estreme avrebbero ucciso, gli abitanti avrebbero avuto tutto il tempo per mettersi in salvo.
Il timer avrebbe poi messo fine alla vita dei poveri animale appiccando centinaia di incendi.
Per quanto incredibile e ridicolo possa sembrare il progetto fu portato avanti con la massima serietà, in un primo momento sotto la supervisione della Marina e poi dei Marines.
Le premesse “scientifiche” sembrano buone: prima di tutto è facile recuperare un gran numero di pipistrelli, in alcune caverne al confine del Messico ce ne sono milioni. Secondo i pipistrelli sono animali piuttosto efficienti, riescono a portare in volo un carico utile anche superiore al loro peso. Terzo vanno in letargo per cui nei lunghi mesi del periodo invernale non è necessario provvedere alla loro nutrizione. Quarto e più importante si rifugiano spesso in rifugi umani andando ad occupare i tetti delle case.
Venne costruito negli Stati Uniti un intero villaggio simile a un paese giapponese e l’arma venne provata, con un certo successo. Gli esperimenti continuarono e la conclusione fu che l’idea poteva avere un certo effetto.
Fu solo nel maggio del 1945 che il programma venne cancellato, era ormai evidente che l’arma non sarebbe stata pronta prima della fine della guerra. Nel frattempo, per il suo sviluppo, erano stati spesi più di due milioni di dollari dell’epoca sacrificando un numero sconosciuto di pipistrelli.
2 i cani anticarro
Per quanto crudele possa sembrare è utile ricordare che gli animali sono stati usati nelle guerre degli esseri umani da sempre, a partire dai cavalli, onnipresenti sui campi di battaglia fino alla seconda metà del secolo scorso e passando per gli elefanti di Annibale per arrivare ai famosi muli dei reparti alpini italiani.
L’idea di addestrare dei cani a trasportare materiale esplosivo fu portata avanti da molti eserciti nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Alcuni pensarono di insegnare agli animali a depositare una bomba in luogo pericoloso, per esempio un bunker in territorio nemico, per poi azionarla con un comando a distanza. Nei pochi casi in cui queste armi furono usate in combattimento si usarono sistemi meno sofisticati, furono i Sovietici a mettere in campo un’arma basata sui cani.
Quello che affascinava tecnici e progettisti era la possibilità di impiegare questi intelligenti animali intelligenti, sul campo di battaglia. Tra i vantaggi c’erano la grande velocità che li avrebbe resi dei bersagli molto difficili da colpire e il fatto che a causa del loro ridotto peso potevano correre sui campi minati senza far scattare gli ordigni. Per quanto cinico possa sembrare va ricordato inoltre che sacrificare la vita di un cane appariva un sacrificio più che accettabile durante la guerra.
I Russi organizzarono così dei reparti con dei cani, addestrati a portare sulle spalle una specie di zainetto contenente esplosivo ad alto potenziale. Sopra questo zaino c’era una specie di antenna telescopica che metteva in azione il detonatore: i cani venivano addestrati a correre sotto i carri armati nemici, l’antenna si piegava facendo esplodere la bomba, il cane e il carro armato nemico. In teoria.
Prima della guerra l’Armata Rossa non aveva alcuna esperienza nell’impiego e nell’addestramento di cani, allo scoppio del conflitto vennero affrettatamente creati dei reparti che si occuparono dell’impiego dei cani. Complessivamente furono usati dall’Armata Rossa circa 40.000 cani ma per fortuna, nella stragrande maggioranza dei casi, vennero impiegati in compiti più tradizionali.
Un primo episodio documentato in cui vennero impiegati in azione i cani anticarro si svolse nell’estate del 1941 quando un reparto schierò per il combattimento 30 cani con 40 addestramenti. Gli esiti furono catastrofici: gli animali terrorizzati del fragore della battaglia invece che dirigersi verso i panzer tedeschi tentavano di rientrare nelle trincee nemiche. Venne fuori che, per risparmiare benzina e munizioni, nel corso dell’addestramento erano stati impiegati carri con il motore spento e non erano state riprodotte condizioni paragonabili a quelle reali di combattimento.
Di un tentativo seguente si ha una documentazione più dettagliata: su trenta cani impiegati almeno 4 di questi esplosero causando morti e feriti tra le truppe sovietiche, altri quattro esplosero nelle vicinanze dei carri tedeschi, senza creare danni rilevabili. Tutti gli altri animali vennero abbattuti o dai Tedeschi o dalle truppe sovietiche stesse.
Anche in questo caso venne a galla un clamoroso errore fatto in fase di addestramento: questa volta erano stati impiegati carri in movimento e con le armi in azione ma erano stati usati soprattutto dei T34, dotati di motori diesel mentre i panzer tedeschi usavano tutti motori a benzina. La differenza in termini di rumore e di odore per i sensibili animali erano abissali per cui si ritrovarono completamente disorientati sul campo di battaglia.
Tra gli effetti negativi ci fu anche il crollo del morale degli addestratori che furono costretti a sparare ai loro animali per impedire che questi, tentando di rientrare terrorizzati in trincea, causassero perdite tra le proprie truppe. Dovevano inoltre cercare di impedire che i tedeschi si impadronissero degli animali abbattuti nella terra di nessuno per evitare che i segreti della nuova arma venissero rivelati. Anche questo fu un fallimento: alcuni esemplari caddero in mani tedesche e la propaganda nazista non esito a presentare la notizia come un’arma figlia della disperazione, di scarsissima efficienza bellica.
Fortunatamente a partire dal 1942 l’idea dell’impiego dei cani anticarro venne abbandonata, gli animali continuarono ad essere addestrati per un impiego più “tradizionale”: quello di ritrovare le mine per aiutare il lavoro dei reparti addetti allo sminamento.
3 il progetto piccione
Anche questi volatili possono, a modo loro, rivestire un certo fascino. La capacità di orientamento dei piccioni viaggiatori, la loro capacità di riconoscere forme e colori non è passata inosservata Burrhus Frederic (B. F.) Skinner, uno psicologo, sociologo e altro che decise di prestare le sue capacità professionali a beneficio dello sforzo bellico.
Ecco quindi l’idea di creare un missile guidato ma non con un sistema di fili o con una radio guida (come fecero i tedeschi con la Fritz-X, ad esempio), niente di tutto questo. Meglio addestrare dei piccioni da combattimento e metterli alla guida del missile. Aggiungendo qualche lente per aiutarli nella visione i volatili avrebbero dovuto guidare il missile fino a colpire l’obiettivo che poteva essere, ad esempio, una nave nemica in movimento.
I piccioni erano addestrati a “tenere al centro dello schermo” la sagoma della forma da colpire, potevano intervenire con rapidi colpi di becco per impostare eventuali correzioni di rotta.
Dopo aver speso 25.000 dollari nello sviluppo, l’8 ottobre 1944 il progetto venne chiuso, liquidato come “una perdita di tempo difficilmente in grado di produrre risultati concreti e che sottraeva preziose risorse ad altri”.
Quello che è ancora più ridicolo e difficile da credere è che la marina americana riprese il progetto nel 1948 con il nuovo nome di Progetto Orcon per abbandonarlo definitivamente solo nel 1953.