La portaerei Amagi (天城) rappresenta uno degli ultimi e più ambiziosi progetti della Marina Imperiale Giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale. Appartenente alla classe Unryū, questa nave da guerra incarnava i disperati tentativi del Giappone di ricostruire la propria forza aerea navale dopo le devastanti perdite subite nella battaglia delle Midway.
Intitolata al Monte Amagi, questa portaerei nacque dalle ceneri della sconfitta di Midway, quando l’Ammiragliato giapponese si rese conto della necessità urgente di rimpiazzare le quattro preziose portaerei perdute in quella battaglia decisiva del giugno 1942. Tuttavia, completata troppo tardi per influenzare le sorti del conflitto, l’Amagi non imbarcò mai il proprio gruppo aereo e trascorse l’intera sua breve carriera operativa nelle acque territoriali giapponesi, testimone impotente del crollo dell’impero del Sol Levante.
Genesi
L’Amagi venne ordinata nel 1942 come parte del programma navale Kai-Maru 5, uno dei più ambiziosi piani di costruzione navale mai concepiti dalla Marina Imperiale Giapponese. Questo programma rappresentava una risposta diretta alle perdite catastrofiche subite a Midway, con l’obiettivo primario di ricostruire rapidamente la componente aerea della flotta.
Il programma prevedeva la costruzione di sedici portaerei della classe Unryū, un numero impressionante che testimoniava la disperazione e al contempo l’ambizione dei pianificatori navali giapponesi. Tuttavia, la realtà industriale e militare del Giappone in guerra si rivelò ben diversa dalle aspirazioni: delle sedici unità programmate, solo tre sarebbero state effettivamente completate prima della resa.
L’Amagi ricevette inizialmente la designazione provvisoria #5001, un codice anonimo che nascondeva l’importanza strategica attribuita a questo progetto. La nave venne impostata nei cantieri Mitsubishi di Nagasaki il 1° ottobre 1942, in un momento in cui il Giappone manteneva ancora l’iniziativa strategica nel Pacifico, anche se le prime crepe nella struttura dell’impero iniziavano già a manifestarsi.
Progetto e Caratteristiche Tecniche
La progettazione dell’Amagi si basava su un’evoluzione migliorata del design della portaerei Hiryū, una delle quattro perdute a Midway. Tuttavia, ogni unità della classe Unryū presentava dettagli specifici che riflettevano l’evoluzione delle circostanze belliche e dei requisiti operativi mentre il conflitto del Pacifico si avvicinava alla sua conclusione.
Con una lunghezza complessiva di 227,35 metri, l’Amagi possedeva dimensioni rispettabili per gli standard dell’epoca. La larghezza massima raggiungeva i 22 metri, mentre il pescaggio si attestava a 8,73 metri. Il dislocamento a pieno carico toccava le 20.450 tonnellate metriche, cifre che la collocavano tra le portaerei di medie dimensioni della sua epoca.
L’equipaggio previsto ammontava a 1.595 uomini tra ufficiali e marinai, un numero considerevole che rifletteva la complessità operativa di una portaerei moderna. Tuttavia, la carenza cronica di personale qualificato che affliggeva la Marina giapponese negli ultimi anni di guerra rese spesso impossibile mantenere questi organici teorici.
Apparato Propulsivo e Prestazioni
L’apparato propulsivo dell’Amagi rappresentava una soluzione pragmatica dettata dalle necessità di guerra. Gli ingegneri navali giapponesi decisero di utilizzare lo stesso sistema di turbine e caldaie impiegato nell’incrociatore pesante Suzuya, una scelta che permetteva di standardizzare la produzione e semplificare la logistica.
Il sistema consisteva in quattro gruppi di turbine a vapore dotate di riduttori, per una potenza complessiva di 152.000 cavalli vapore. Questa potenza veniva trasmessa a quattro assi propulsori, alimentati dal vapore prodotto da otto caldaie Kampon Tipo B a tubi d’acqua. La configurazione garantiva alla nave una velocità massima progettuale di 34 nodi, prestazione più che adeguata per operazioni di squadra con le altre unità della flotta.
La capacità di combustibile raggiungeva le 3.670 tonnellate metriche di olio combustibile, conferendo all’Amagi un’autonomia teorica di 8.000 miglia nautiche alla velocità economica di 18 nodi. Tuttavia, l’aggravarsi della situazione logistica giapponese rese spesso impossibile mantenere i serbatoi completamente riforniti.
Una caratteristica distintiva del design era rappresentata dai due fumaioli posizionati sul lato destro, ciascuno inclinato sotto l’orizzontale. Questi erano dotati di un sistema di raffreddamento ad acqua progettato per ridurre le turbolenze causate dai gas di scarico caldi, una soluzione tecnica che dimostrava l’attenzione dei progettisti verso l’efficienza operativa.
Il Ponte di Volo e Hangar
Il ponte di volo dell’Amagi si estendeva per 216,9 metri di lunghezza, con una larghezza massima di 27 metri. Queste dimensioni, pur non raggiungendo quelle delle portaerei americane contemporanee, erano comunque sufficienti per operazioni con i velivoli giapponesi dell’epoca.
La sovrastruttura era caratterizzata da una piccola isola posizionata nella parte anteriore del lato destro, che ospitava il ponte di comando e il centro di controllo delle operazioni aeree. Questa isola montava un piccolo albero a treppiede che supportava una delle antenne radar della nave, elemento che testimoniava l’evoluzione tecnologica anche nelle costruzioni navali giapponesi.
Il design prevedeva due hangar sovrapposti, serviti da due ascensori per aeromobili, ciascuno delle dimensioni di 14 per 14 metri. Questi ascensori potevano sopportare un peso massimo di 7.000 chilogrammi e impiegavano 19 secondi per trasferire un velivolo dall’hangar inferiore al ponte di volo. La scelta di eliminare l’elevatore centrale, presente nel design della Hiryū, era dettata dalla necessità di semplificare la costruzione e ridurre le tensioni strutturali nello scafo.
L’equipaggiamento per l’appontaggio includeva un sistema di arresto idraulico Tipo 3 con nove cavi, completato da tre barriere anti-crash dello stesso tipo. Significativamente, l’Amagi non era dotata di catapulta per il lancio degli aeromobili, limitazione che rifletteva sia considerazioni di costo che la filosofia operativa giapponese dell’epoca.
Sul lato destro del ponte di volo, immediatamente a poppa dell’elevatore posteriore, era installata una gru retrattile per le operazioni di movimentazione. La capacità di carburante avio raggiungeva i 397.340 litri, quantitativo significativo che doveva garantire l’autonomia operativa del gruppo aereo imbarcato.
Gruppo Aereo Imbarcato
La composizione del gruppo aereo dell’Amagi subì numerose modifiche durante il periodo di costruzione, riflettendo sia l’evoluzione delle dottrine tattiche giapponesi che la disponibilità effettiva dei diversi tipi di aeromobili.
La configurazione originale prevedeva un gruppo misto composto da 12 caccia Mitsubishi A6M Zero (più tre di riserva), 27 bombardieri in picchiata Aichi D3A “Val” (più tre di riserva) e 18 aerosiluranti Nakajima B5N “Kate” (più due smontati). Tuttavia, gli hangar dell’Amagi non potevano fisicamente ospitare un numero così elevato di aeromobili, rendendo necessario mantenere permanentemente undici velivoli sul ponte di volo.
Nel 1943, con l’evoluzione della situazione bellica, la composizione venne rivista per includere 18 caccia Mitsubishi A7M “Sam” (più due di riserva), 27 bombardieri in picchiata Yokosuka D4Y “Judy” e sei aeromobili da ricognizione Nakajima C6N “Myrt”. Questi ultimi erano destinati a essere mantenuti sul ponte di volo per ragioni di spazio.
Quando la nave entrò finalmente in servizio nel 1944, né gli A7M né i C6N erano ancora disponibili in quantità sufficienti, costringendo a un’ulteriore riconfigurazione. Il gruppo aereo definitivo doveva comprendere 27 Zero, 12 D4Y (di cui tre nella versione da ricognizione) e nove aerosiluranti Nakajima B6N “Jill”.
Tuttavia, il destino volle che l’Amagi non imbarcasse mai effettivamente il proprio gruppo aereo. La carenza di piloti navali qualificati, conseguenza delle pesanti perdite subite nei combattimenti precedenti, costrinse l’Ammiragliato a destinare i piloti disponibili alle basi terrestri, lasciando la portaerei senza la sua ragion d’essere operativa.
Corazzatura e Armamento Difensivo
La protezione dell’Amagi seguiva i criteri di progettazione consolidati della Marina giapponese, con particolare attenzione alla protezione delle aree vitali. La cintura corazzata alla linea di galleggiamento presentava uno spessore di 46 millimetri sopra i locali macchine e di 140 millimetri in corrispondenza delle santabarbare, una disposizione che privilegiava la protezione delle munizioni rispetto a quella dell’apparato propulsivo.
La corazzatura del ponte raggiungeva i 25 millimetri sopra i compartimenti macchine, mentre sopra le santabarbare lo spessore aumentava a 56 millimetri. Questi valori, pur non eccezionali per gli standard internazionali, rappresentavano un compromesso ragionevole tra protezione e peso, considerando le limitazioni imposte dal tonnellaggio disponibile.
L’armamento principale consisteva in dodici cannoni antiaerei Tipo 89 da 12,7 centimetri a 40 calibri, montati in installazioni binate su piattaforme laterali. Questi cannoni rappresentavano l’armamento standard delle portaerei giapponesi e garantivano una discreta capacità di difesa contro attacchi aerei a media e alta quota.
L’armamento leggero iniziale prevedeva 16 impianti tripli e tre singoli di cannoni antiaerei Tipo 96 da 25 millimetri, la maggior parte dei quali sistemati su piattaforme lungo i fianchi dello scafo. Tuttavia, l’intensificarsi degli attacchi aerei alleati costrinse a un potenziamento continuo: alla fine della guerra, l’Amagi montava 22 impianti tripli e 23 singoli dello stesso calibro.
Questi cannoni erano supportati da sei lanciarazzi antiaerei da 12 centimetri con 28 colpi ciascuno, un’arma relativamente innovativa per l’epoca. Per la difesa contro i sommergibili, la portaerei era dotata di sei lanciatori di bombe di profondità con un carico compreso tra sei e dieci ordigni.
Controllo del Tiro e Radar
Il controllo del tiro dell’armamento principale era affidato a due direttori di tiro Tipo 94 , uno per ciascun lato della nave. Ogni direttore era equipaggiato con un telemetro da 4,5 metri, strumento essenziale per il calcolo delle soluzioni di tiro contro bersagli aerei.
Per il controllo dei cannoni da 25 millimetri e dei lanciatori di razzi erano previsti sei direttori Tipo 95, sistemazione che garantiva una discreta capacità di coordinamento del fuoco difensivo.
L’equipaggiamento radar rappresentava uno degli aspetti più moderni dell’Amagi. La nave era dotata di due radar di scoperta aerea Tipo 2, Mark 2, Modello 1. Uno di questi era installato sulla sommità dell’isola, mentre l’altro, retrattile, si trovava sul lato sinistro del ponte di volo, tra i due ascensori.
Completavano la dotazione radar due unità più piccole Tipo 3, Mark 1, Modello 3, una montata sull’albero a treppiede dell’isola e l’altra sull’albero radio retrattile di poppa a dritta. Questa configurazione garantiva una copertura radar completa, elemento fondamentale per la sopravvivenza in un ambiente operativo sempre più ostile.
Impiego operativo
La storia operativa dell’Amagi iniziò ufficialmente il 1° ottobre 1942 con l’imposizione della chiglia nei cantieri Mitsubishi di Nagasaki. Il varo avvenne il 15 ottobre 1943, mentre il completamento si ebbe il 10 agosto 1944, date che riflettevano i tempi di costruzione relativamente lunghi imposti dalle crescenti difficoltà industriali del Giappone.
Dopo l’entrata in servizio, la nave fu trasferita tra diversi porti del Mare Interno fino al suo arrivo a Kure nel febbraio 1945, dove ricevette l’ordine di essere mimetizzata. Questo periodo coincise con l’impegno del previsto Gruppo Aereo 601 nella battaglia di Iwo Jima, privando definitivamente l’Amagi della sua componente aerea.
Dal 10 al 24 febbraio 1945, la portaerei subì un breve raddobbo, ma le sue condizioni operative rimasero limitate dalla mancanza di aeromobili e piloti qualificati. Il 19 marzo, la nave subì il primo attacco aereo significativo quando velivoli della Task Force 58 americana la colpirono leggermente con una bomba che esplose sul bordo del ponte di volo.
Il 13 aprile 1945, l’Amagi fu ormeggiata permanentemente presso un’isola nel porto di Kure e sottoposta a un esteso camuffamento. Questa decisione rifletteva la consapevolezza dell’Ammiragliato giapponese che la nave non avrebbe più potuto operare attivamente, riducendola a un bersaglio fisso in attesa degli inevitabili attacchi nemici.
La mimetizzazione non bastò a salvare l’Amagi dagli occhi della ricognizione americana. Il 24 luglio 1945, velivoli della Task Force 38 individuarono e attaccarono la portaerei con devastante precisione, segnando l’inizio della sua agonia finale.
La nave fu colpita due volte durante questo attacco, subendo anche diversi colpi ravvicinati. Una bomba da 500 libbre esplose vicino al fumaiolo posteriore, danneggiandolo gravemente ma causando danni relativamente limitati, oltre a aprire un piccolo squarcio nello scafo di dritta.
Il colpo fatale fu inflitto da una bomba da 2.000 libbre che penetrò attraverso il ponte di volo e esplose nell’hangar superiore, tra i due ascensori. L’esplosione scaraventò in mare una sezione di 50 metri della parete dell’hangar, mentre le pareti del ponte hangar superiore furono deformate e perforate in più punti.
Il ponte di volo tra gli ascensori si sollevò e si deformò per una lunghezza di 200 piedi, mentre l’ascensore anteriore precipitò sul fondo del proprio pozzo. L’esplosione aprì anche un foro di 25 piedi nel ponte dell’hangar superiore. I frammenti dell’esplosione penetrarono nelle viscere della nave, perforando paratie e ponti sottostanti.
I colpi ravvicinati causarono allagamenti nella santabarbara prodiera, in due locali caldaie e nel locale macchine di poppa a sinistra. Il comandante ordinò l’abbandono della nave nel corso della giornata, ma l’Amagi rimase ancora a galla durante la sera, seppure con una leggera inclinazione a sinistra e appruata.
Nei giorni seguenti, ulteriori compartimenti si allagarono e la nave si adagiò sul fondo del porto. Un nuovo attacco il 28 luglio la colpì più volte, causando ulteriori danni che aumentarono l’inclinazione a sinistra.
L’agonia si concluse la mattina del 29 luglio alle ore 10:00, quando l’Amagi si capovolse completamente, con parte del ponte di volo che finì in mare. Le perdite tra l’equipaggio rimasero fortunatamente contenute, anche se non sono disponibili cifre precise.
L’Amagi fu radiata il 30 novembre 1945, segnando ufficialmente la fine della sua breve esistenza operativa. I lavori di recupero iniziarono il 5 dicembre dello stesso anno, in un’operazione complessa che richiedeva la sigillatura degli squarci nello scafo per permettere il pompaggio dell’acqua e la riduzione del pescaggio.
I resti del ponte di volo e dell’hangar superiore, impossibili da rendere stagni, furono rimossi utilizzando la dinamite. L’utilizzo di pontoni permise di raddrizzare la nave, che fu riportata a galla il 31 luglio 1946, un anno dopo il suo capovolgimento.
Il lavoro di recupero fu condotto dalla struttura Hitachi Zosen di Kure, che successivamente procedette anche alla demolizione della nave. L’operazione si concluse il 12 dicembre 1947, chiudendo definitivamente il capitolo di una delle ultime portaerei costruite dalla Marina Imperiale Giapponese.
Informazioni aggiuntive
- Nazione: Giappone
- Tipo nave: Portaerei
- Classe:Unryū
- Cantiere:
Mitsubishi, Nagasaki
- Data impostazione: 01/10/1942
- Data Varo: 15/10/143
- Data entrata in servizio: 10/08/1944
- Lunghezza m.: 227.35
- Larghezza m.: 22
- Immersione m.: 8.73
- Dislocamento t.: 20.450
- Apparato motore:
8 caldaie Kampon, 4 eliche
- Potenza cav.: 152.000
- Velocità nodi: 34
- Autonomia miglia: 8000
- Armamento:
6×28-12 Razzi anti aerei, 3 cannoni Type 96 da 25mm, 13x 3 cannoni Type 96 da 25mm in postazioni triple, 6 mitragliatrici binate Type 89 da 127 mm DP, 57 aerei
- Corazzatura:
Cintura: 48-140mm, Ponte: 25-56mm
- Equipaggio: 1.595
- Bibliografia – Riferimenti:
- Jane’s Fighting Ships of World War II, Crescent Books ISBN: 0517679639
- National Museum of the US Navy
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