Yamato

di redazione
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Yamato

Nel periodo tra le due guerre mondiali il Giappone si trovò vincolato ai trattati di Washington e di Londra che regolavano il tonnellaggio delle navi capitali delle cinque maggiori marine del mondo. Queste restrizioni erano però mal tollerate dallo stato maggiore della marina imperiale giapponese che, in caso di conflitto contro gli Stati Uniti e l’Impero britannico, riteneva necessario possedere una linea di battaglia di otto corazzate e otto incrociatori da battaglia. Dopo l’occupazione della Manciuria nel 1931 e l’abbandono della Società delle Nazioni nel 1933, l’Impero giapponese annunciò nel dicembre 1934 che non riteneva più validi gli accordi per le limitazioni agli armamenti navali.

Fu in questo contesto che nell’autunno 1935 iniziò la progettazione di una classe di supercorazzate. Il progetto, affidato al capitano Kikuo Fujimoto, si basava sulla filosofia che una marina potente dotata di grandi cannoni fosse la chiave per controllare il Pacifico attraverso l’intimidazione. Lo stato maggiore della marina inviò specifiche ambiziose: armamento su nove pezzi da 460mm, corazzatura capace di resistere a proietti dello stesso calibro, protezione subacquea in grado di sopportare siluri con testata di guerra da 300 kg di esplosivo, velocità massima di 27 nodi e autonomia di 8.000 miglia a 18 nodi.

Yamato
La corazzata giapponese Yamato

Il dipartimento tecnico della Marina imperiale si trovò davanti a una notevole sfida tecnica e produsse ben ventitré diversi progetti, concordando che tali caratteristiche erano possibili solo assumendo un tonnellaggio a vuoto superiore alle 60.000 tonnellate. Le cianografie definitive furono accettate nel luglio 1936 e mostravano una classe dal profilo elegante, esaltato dalla maestosa prua allungata e dalle linee filanti, reso imponente dal tipico albero a pagoda e dall’unico fumaiolo.

In Giappone non esisteva un cantiere navale abbastanza grande per costruire una nave di tali dimensioni, quindi venne modificato un bacino di carenaggio già esistente presso l’Arsenale Navale di Kure, a Hiroshima: furono rimossi 13.000 metri cubi di terra e installate nuove gru capaci di sollevare fino a 350 tonnellate. Venne poi eretto un pergolato sopra parte del bacino per nascondere la nave e mantenere la segretezza del progetto. A causa delle risorse limitate dedicate all’intelligence militare, gli Stati Uniti non ebbero alcuna idea dell’esistenza della Yamato fino al suo completamento.

La costruzione iniziò il 4 novembre 1937 e lo scafo venne varato l’8 agosto 1940. Nei mesi di ottobre e novembre 1941 la nave effettuò le prove in mare, raggiungendo la notevole velocità di 27,4 nodi. Il 16 dicembre 1941, nove giorni dopo l’attacco a Pearl Harbor, la Yamato entrò ufficialmente in servizio a Kure, con mesi di anticipo rispetto al previsto. Il costo finale fu di 130 milioni di yen, equivalenti oggi a circa 5,8 miliardi di euro.

Caratteristiche tecniche

Nel periodo tra le due guerre mondiali il Giappone impostò soltanto quattro corazzate, tutte della classe Yamato, di cui due (Yamato e Musashi) furono completate come corazzate, la terza (Shinano) durante i lavori di costruzione fu trasformata in portaerei e la quarta non venne mai ultimata. Yamato e Musashi rappresentarono gli ultimi e i migliori esemplari di una categoria di navi, quello delle corazzate super armate e super veloci, che erano ormai irrimediabilmente obsolete nello stesso concetto: l’aereo si stava infatti affermando come strumento bellico dominante sul mare.

La Yamato presentava una lunghezza fuori tutto di 263 metri, una larghezza massima di 38,9 metri e un pescaggio di 10,4 metri a vuoto, che saliva a 11 metri a pieno carico. Il dislocamento a pieno carico raggiungeva le 72.810 tonnellate, di cui ben 21.266 tonnellate costituite dalla sola corazzatura.

Armamento principale

L’armamento principale della Yamato era a tutti gli effetti impressionante: nove cannoni da 460mm Type 94, il maggior calibro mai usato su una nave da guerra, disposti in tre torri trinate. Questi cannoni rappresentavano il culmine dell’ingegneria navale giapponese. Ogni torretta pesava quanto un tipico cacciatorpediniere americano e i proiettili standard pesavano 1.360 kg ciascuno, mentre i proietti perforanti raggiungevano i 1.460 kg. La gittata massima di questi giganteschi cannoni superava i 42 chilometri.

Oltre ai proietti esplosivi e perforanti convenzionali, la Yamato era equipaggiata con munizioni anti-aeree uniche, i proiettili sanshiki, progettati specificamente per l’uso con i cannoni principali da 460mm. Questi proietti pesavano poco meno di 1.360 kg ed erano riempiti con tubi incendiari. Venivano sparati verso gli aerei in arrivo e una spoletta temporizzata attivava un’esplosione sul percorso degli aerei ostili, riempiendo lo spazio aereo con schegge di acciaio incandescente.

Yamato 20-10-1941
La Yamato, il 20 ottobre 1941

Armamento secondario e antiaereo

Inizialmente la nave montava anche dodici cannoni Type 3 da 155mm disposti in quattro torri trinate. Tuttavia, con l’evolversi della guerra e la crescente minaccia aerea, nel corso dei lavori di ammodernamento del 1944 due di queste torri vennero rimosse per fare posto a un numero maggiore di cannoni antiaerei.

La dotazione antiaerea crebbe costantemente durante il conflitto: i cannoni antiaerei Type 89 da 127mm passarono da 12 pezzi in sei postazioni binate a 24 cannoni in dodici postazioni binate. L’importanza della difesa antiaerea è testimoniata dal fatto che tutte le armi, anche quelle da 155mm, potevano sparare con un’inclinazione di 45 gradi. Nel 1945 le mitragliere antiaeree Type 96 da 25mm erano cresciute fino a 162 pezzi, testimoniando il disperato tentativo di contrastare la superiorità aerea americana. Alla base della sovrastruttura, la Yamato era circondata da una vasta gamma di armi antiaeree tradizionali.

Protezione e corazzatura

La protezione passiva della nave era altrettanto impressionante. La corazzatura variava da un massimo di 410mm sulla cintura principale, che degradavano a 80mm verso il fondo dello scafo, fino a un minimo di 25mm. I ponti corazzati raggiungevano i 200mm sul ponte principale, con 35-50mm sul ponte di coperta e un ponte antischegge inferiore da 9mm. Le torrette erano protette da corazze fino a 650mm sul fronte, 190mm sul retro, 180mm sul cielo e 410mm sui fianchi. Le barbette presentavano una corazzatura di 560mm sul fronte e 410mm sui fianchi, mentre il torrione comando era protetto da 550mm di acciaio. Perfino il fondo dello scafo era corazzato. A differenza delle corazzate americane, la cui larghezza era limitata dalle restrizioni del Canale di Panama, la Yamato aveva la libertà di essere equipaggiata con alcune delle corazze più spesse sui due lati per una protezione senza pari.

Propulsione

L’apparato motore era composto da quattro gruppi di turbine a ingranaggi a vapore Kanpon alimentate da dodici caldaie Kanpon, in grado di erogare complessivamente 150.000 cavalli che, trasferiti alle quattro eliche tramite quattro alberi motore, imprimevano alla nave una velocità massima di 27 nodi. L’autonomia era di 7.200 miglia a 16 nodi. La prua aveva un design speciale che permetteva a questa pesante massa di muoversi a una velocità superiore ai 27 nodi nonostante le dimensioni.

A causa delle sue enormi dimensioni, gli uomini che servivano a bordo riferivano che non c’era beccheggio o rollio durante la navigazione, anche quando si trovavano in cima alla torre di comando. Era quasi come se stessero su terraferma, ricordò il guardiamarina Mitsuru Yoshida che servì sulla Yamato come ufficiale radar. Quando Naoyoshi Ishida, un ufficiale che prestò servizio a bordo della Yamato, la vide per la prima volta, pensò: “Quanto è enorme!” Ricordò: “Quando cammini all’interno, ci sono frecce che ti indicano qual è la direzione della prua e quale quella della poppa, altrimenti non riesci a orientarti. Per un paio di giorni non sapevo nemmeno come tornare ai miei alloggi. Tutti erano così.”

Entrata in servizio e primi impieghi (1941-1943)

Il 16 dicembre 1941, sotto il comando del capitano Gihachi Takayanagi, la Yamato si unì alle corazzate Nagato e Mutsu nella 1ª Divisione Corazzate. Dal 12 febbraio 1942 all’11 febbraio 1943 fu la nave ammiraglia del comandante Isoroku Yamamoto, comandante in capo della flotta combinata della marina imperiale giapponese, finché non venne sostituita in questo ruolo dalla nave gemella Musashi.

Nonostante le sue caratteristiche impressionanti, la Yamato partecipò alla battaglia delle Midway nel giugno 1942 senza riuscire ad arrivare a distanza utile per poter ingaggiare le portaerei americane. Diverse ragioni la tennero incapace di sparare i suoi proietti da 1.360 kg contro navi nemiche: oltre a essere la nave ammiraglia del comandante navale del Giappone, era semplicemente troppo preziosa per essere impegnata in battaglia. Una nave che portava il nome mitico dell’antico Giappone non poteva essere messa a rischio.

Nel corso del 1943 la Yamato tornò nel cantiere di Kure dove la sua dotazione di artiglieria antiaerea venne notevolmente potenziata. Verso la metà del 1943 fece ritorno a Truk, assieme alla gemella Musashi, per proteggere le isole Marshall e le isole Gilbert, senza però mai giungere a contatto con le forze americane e restando a Truk per la maggior parte del tempo. Per gran parte del 1943 rimase ancorata alla base navale in compiti difensivi, tanto che i marinai arrivarono a soprannominarla “Hotel Yamato” per la sua scarsa partecipazione alle operazioni belliche.

Il 24 dicembre 1943, durante una pattuglia, la nave fu danneggiata da un siluro lanciato dal sommergibile americano USS Skate. I lavori di ripristino si conclusero solo nell’aprile 1944, riducendo ulteriormente il suo ruolo in prima linea. Durante questi lavori due delle torrette da 155mm furono rimosse e sostituite da ulteriori armi antiaeree.

Yamato e Musashi
La Yamato e la Musashi a Truk

Le battaglie del 1944

Tornata in servizio, la Yamato prese parte alla battaglia del Mare delle Filippine nel giugno 1944, seguita dalla battaglia al largo di Samar nell’ottobre dello stesso anno, parte della più vasta battaglia del Golfo di Leyte. Fu durante la battaglia di Samar che ebbe il suo più grande momento di gloria: per la prima volta fece uso del suo armamento principale, sparando 104 colpi da 460mm. “Sapevo che era una corazzata molto capace. I cannoni erano enormi. A quel tempo volevo davvero impegnarmi in battaglia con una corazzata americana nel Pacifico”, aveva ricordato l’ufficiale Ishida. Quel momento era finalmente arrivato.

La Yamato, sotto il comando dell’ammiraglio Takeo Kurita, contribuì probabilmente all’affondamento della portaerei di scorta USS Gambier Bay e colpì un cacciatorpediniere americano, devastando una piccola flotta americana, anche se il suo ruolo non fu predominante nell’intera battaglia. Tornò in Giappone nel mese di novembre e, durante l’inverno 1944-1945, l’armamento antiaereo fu ulteriormente potenziato.

Mentre si trovava nelle acque territoriali dopo il rifornimento invernale del 1944-1945, fu individuata e attaccata da aerei da portaerei della Marina degli Stati Uniti nel marzo 1945. Riuscì a sfuggire con danni lievi, ma la sua vulnerabilità contro gli sciami di aerei americani era ormai chiara.

L’Operazione Ten-Go e l’affondamento

Con lo sforzo bellico nel suo momento più disperato, l’ultima missione della Yamato fu a tutti gli effetti una missione suicida. Fu assegnata nell’aprile 1945 a diventare lo strumento definitivo di attacco speciale nell’Operazione Ten-Go. L’operazione prevedeva una missione suicida di dieci navi che avrebbero dovuto navigare direttamente contro la flotta americana che appoggiava lo sbarco a Okinawa. Se non fosse riuscita a raggiungere la flotta americana, avrebbe dovuto spiaggiarsi su Okinawa per servire come possente fortezza costiera mentre i marinai sarebbero sbarcati per diventare fanteria. Se anche questo fosse fallito, avrebbe dovuto attirare più fuoco possibile dagli aerei americani in modo che un’operazione suicida simultanea da parte degli aerei Kamikaze (Operazione Kikusui) avrebbe incontrato meno resistenza dall’aria.

La piccola squadra navale, al comando del viceammiraglio Seiichi Itō e composta oltre che dalla Yamato, ai comandi del capitano di vascello Kōsaku Aruga, dall’incrociatore leggero Yahagi e da otto cacciatorpediniere, lasciò il porto di Tokuyama il pomeriggio del 6 aprile 1945. Poiché fin dall’inizio questa era stata intesa come una missione suicida, le navi avrebbero dovuto portare a bordo solo il carburante sufficiente per un viaggio di sola andata, ma carburante aggiuntivo pari al 60% della capacità venne caricato sulle navi della flotta su autorità dei comandanti della base locale.

La mattina del 7 aprile la squadra fu avvistata all’uscita del Mare interno di Seto dai sottomarini classe Balao Threadfin e Hackleback e da un ricognitore della portaerei Essex. Alle 12:20, mentre si trovava ancora a circa 270 miglia nautiche a nord di Okinawa, dopo essere stata tracciata da aerei da ricognizione americani e sottomarini quasi per tutto il tragitto, la Yamato fu attaccata da ondate successive di aerei da portaerei americani.

Verso mezzogiorno una forza di quasi 400 aerei della Task Force 58 attaccò le unità giapponesi in ondate successive. Alle 12:41 la Yamato fu colpita dalle prime due bombe. La nave subì gravi danni dalle bombe che cadevano nei primi 15 minuti di battaglia, poi fu colpita da siluri sul lato sinistro. La sua strategia era contenere i danni e le inondazioni e aspettare che gli aerei americani si dispersero. Ma con l’arrivo di più ondate ad attaccare la task force, quella speranza si dimostrò rapidamente irraggiungibile.

Complessivamente fu centrata da almeno 13 siluri – ai piloti degli aerosiluranti era stato ordinato di colpire la nave da un lato solo, per causarne il capovolgimento – e 10 bombe. Dopo due ore agonizzanti, la più grande corazzata del mondo affondò quando l’inclinazione raggiunse quasi 90 gradi. La Yamato si abbatté sulla murata sinistra e, verso le 14:20, il deposito munizioni numero 1 esplose, generando una nube visibile da 200 chilometri di distanza. L’esplosione fu probabilmente causata dai proietti dei depositi munizioni primari e secondari che caddero dai loro scaffali, causando la detonazione delle spolette contro il soffitto. La nave affondò rapidamente a circa 370 miglia nautiche da Okinawa e l’inabissamento fu rapido anche a causa del distacco quasi contemporaneo delle tre torri principali, scardinate dal ponte dal loro stesso peso.

Tra la battaglia e l’affondamento, persero la vita circa 2.375 marinai, compresi il viceammiraglio Itō e il comandante della nave Aruga, con soli 269 superstiti. Delle navi della scorta furono affondati quattro cacciatorpediniere e l’incrociatore Yahagi, colpito da 12 bombe e 7 siluri. Gli americani persero 10 aerei e 12 piloti.

Il relitto della Yamato giace a circa 300 metri di profondità, spezzato in due tronconi principali. La sezione di prua, separata dal resto della nave in prossimità della seconda torre principale, è in posizione verticale, e il crisantemo imperiale largo 2 metri risplende ancora di un debole alone dorato. La sezione centrale e di poppa si trova capovolta nelle vicinanze, con due grandi fori nella sezione inferiore della nave, risultato delle potenti esplosioni interne. Il relitto venne esplorato nel 1985 e nel 1999 e non presenta più alcuna sovrastruttura.

Dopo la guerra, la Yamato divenne oggetto di intensa fascinazione in Giappone, così come nei paesi stranieri. Rimase anche un argomento sensibile in Giappone: pur essendo ancora un simbolo di orgoglio nazionale, l’affondamento della Yamato simboleggiava anche la triste fine della un tempo invincibile Marina Imperiale Giapponese.

Informazioni aggiuntive

  • Nazione:  Giappone 
  • Tipo nave:  Corazzata 
  • Classe Yamato 
  • Cantiere:

    Arsenale di Kure

  • Data impostazione:   04/11/1937 
  • Data Varo: 08/08/1940 
  • Data entrata in servizio: 16/12/1941 
  • Lunghezza m.:  263.0 
  • Larghezza m.: 38.9 
  • Immersione m.:   10.4 
  • Dislocamento t.:  72809  
  • Apparato motore: 

    4 gruppi di turbine, 4 eliche, 12 caldaie

  • Potenza cav.:  150.000  
  • Velocità nodi: 27 
  • Autonomia miglia: 10.000 
  • Armamento:  

    9 cannoni da 460mm, 12 cannoni da 155 mm; 12 cannoni antiaerei da 127 mm; 24 mitragliere da 25mm; 7 aerei, due catapulte.

  • Corazzatura: 

    Verticale: cintura 410mm; Orizzontale: ponte coperta mm 30-50; ponte protezione 200mm; Torri 850mm; barbette 560mm; torre comando 500mm

  • Equipaggio: 2500 

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