Il Baltimore venne progettato su una richiesta fatta dalle forze aeree americane nel 1937 e come tutte le cose militari americane ricevette la sua brava sigla, A-22 o A-30 a seconda delle versioni. Tuttavia quasi tutta la produzione finì alla R.A.F., che assegnò all’aereo il nome di Baltimore, distinguendo le versioni secondo l’uso inglese come Mk I, II ecc.
Il fatto che un progetto, relativamente vecchio, ottenesse ancora buoni successi nel 1944 è senz’altro un merito dei progettisti che riuscirono a creare un aereo relativamente piccolo ma dotato di grande potenza. I piloti tuttavia facevano fatica ad abituarsi proprio alla grande potenza dei motori, che fu causa di numerosi incidenti.
Il Baltimore fu usato come aereo da bombardamento e silurante e oltre che dalla R.A.F. venne impiegato anche dall’aviazione cobelligerante italiana che combatteva a fianco degli alleati dopo l’armistizio e dall’aviazione dell’Unione Sovietica.
Il Baltimore è un bimotore monoplano ad ala media, carrello retrattile, propulso da due motori Wright raffreddati ad aria.
La genesi del Baltimore si colloca in un momento cruciale del conflitto mondiale. Nel maggio 1940, quando l’avanzata tedesca in Francia appariva inarrestabile, la Commissione d’Acquisto Anglo-Francese ordinò il velivolo come successore del precedente Martin Maryland, all’epoca già in servizio con l’aeronautica francese. Il progetto, tuttavia, subì una drastica riconfigurazione in seguito alla caduta della Francia nel giugno dello stesso anno. Con il collasso francese, l’intero ordine venne dirottato verso la Gran Bretagna, che assegnò al velivolo il nome operativo “Baltimore”. Successivamente, grazie alla Legge Lend-Lease (Affitti e Prestiti), l’aereo venne fornito al Regno Unito dagli Stati Uniti come attrezzatura militare a partire dalla metà del 1941.
Lo sviluppo del Baltimore non fu privo di ostacoli. Una serie di problemi tecnici ne ritardarono l’ingresso in servizio, ma nonostante queste difficoltà iniziali, il velivolo si trasformò progressivamente in una piattaforma da combattimento estremamente versatile. Prodotto in grandi numeri, il Baltimore, oltre che dalla Royal Air Force britannica, venne impiegato anche dalle forze aeree canadesi, australiane, sudafricane, greche e, in un interessante sviluppo del conflitto, persino dall’aeronautica italiana dopo l’armistizio del 1943.
Una caratteristica distintiva di questo bombardiere fu il suo impiego quasi esclusivo nel teatro del Mediterraneo e del Medio Oriente, dove le sue peculiarità tecniche e operative trovarono il contesto ideale per essere sfruttate al meglio dalle forze alleate.
Progetto e sviluppo
Inizialmente designato come A-23 (derivato dal precedente progetto A-22 Martin 167 Maryland), il Model 187 (secondo la denominazione aziendale) si distingueva dal suo predecessore per una fusoliera più profonda e motori più potenti. Il progetto rispondeva alle necessità di un bombardiere medio-leggero, originariamente richiesto dalla Commissione d’Acquisto Anglo-Francese come progetto congiunto nel maggio 1940.
L’aeronautica francese cercava un sostituto per il Maryland e ordinò ben 400 velivoli. Tuttavia, con la caduta della Francia, la Royal Air Force britannica rilevò l’ordine e assegnò al velivolo il nome operativo “Baltimore”. Per consentire la fornitura dell’aereo ai britannici nell’ambito della Legge Lend-Lease, l’United States Army Air Forces gli assegnò la designazione A-30. Con l’approvazione della Legge Lend-Lease, vennero forniti alla RAF altri due lotti di 575 e poi 600 esemplari, portando la produzione totale a livelli considerevoli.
Questa transizione dall’originale committente francese alla RAF rappresentò non solo un cambiamento nella destinazione finale del velivolo, ma comportò anche modifiche operative e tecniche per adattare il Baltimore alle specifiche esigenze britanniche e al mutato scenario bellico del Mediterraneo, dove sarebbe stato principalmente impiegato.
Impiego operativo
Mediterraneo
I primi esemplari del Baltimore vennero consegnati alla RAF verso la fine del 1941, inizialmente per equipaggiare le Operational Training Units (unità di addestramento operativo). L’impiego operativo del velivolo da parte britannica si limitò esclusivamente al teatro mediterraneo e al Nord Africa, una scelta dettata non solo dalle necessità strategiche del momento, ma anche dalle caratteristiche stesse dell’aereo.
Molti utilizzatori rimasero favorevolmente impressionati dal miglioramento che il Baltimore rappresentava rispetto ad aerei più datati come il Bristol Blenheim. Il pilota della Martin, Benjamin R. Wallace, e gli equipaggi che lo utilizzarono, lodavano il velivolo per il suo pesante armamento, la robustezza strutturale, la manovrabilità, la precisione nel bombardamento e le prestazioni relativamente elevate. Tuttavia, non mancavano le critiche, concentrate principalmente sulle condizioni anguste dell’abitacolo, simili a quelle già sperimentate nel precedente bombardiere Maryland.
La fusoliera stretta rendeva praticamente impossibile ai membri dell’equipaggio cambiare posizione durante il volo in caso di ferite. La struttura interna dell’aereo separava il pilota e l’osservatore dall’operatore radio e dal mitragliere di coda, una caratteristica condivisa con diversi progetti di bombardieri leggeri e medi di quell’epoca, come l’Handley Page Hampden, il Douglas Boston e lo stesso Blenheim. Gli equipaggi lamentavano anche le difficoltà nel gestire l’aereo a terra. Durante il decollo, il pilota doveva coordinare perfettamente la manetta per evitare che il muso si abbassasse pericolosamente o, peggio ancora, che l’aereo si capovolgesse.
Guerra del deserto
Gettato nella mischia per fermare l’avanzata di Rommel, il Baltimore subì perdite massicce quando venne utilizzato come aereo d’attacco a bassa quota, specialmente nel caos della guerra del deserto, dove la maggior parte delle missioni si svolgeva senza scorta di caccia. Questa esperienza iniziale evidenziò la vulnerabilità del velivolo quando impiegato in ruoli per i quali non era stato ottimizzato.
La lezione venne rapidamente appresa e, operando a media quota con scorte di caccia, il Baltimore registrò un tasso di perdite molto basso, con la maggior parte delle perdite dovute ad incidenti operativi piuttosto che al fuoco nemico. Questa evoluzione tattica dimostrò la capacità degli utilizzatori di adattare l’impiego del velivolo alle sue caratteristiche intrinseche, massimizzandone l’efficacia e minimizzando le vulnerabilità.
Nel corso del conflitto, il Baltimore si dimostrò un aereo estremamente versatile, assumendo una varietà di ruoli nei teatri del Medio Oriente, del Mediterraneo e europeo. Le sue missioni includevano la ricognizione, il traino di bersagli, il pattugliamento marittimo, le incursioni notturne e persino il servizio come scomodo ma veloce trasporto. Questa adattabilità a molteplici ruoli rappresentò uno dei maggiori punti di forza del velivolo, permettendogli di rimanere rilevante nonostante l’evoluzione delle esigenze belliche.
Lotta antisommergibile
Il Baltimore vide anche un limitato servizio con la Fleet Air Arm, quando alcuni esemplari vennero trasferiti dalla RAF nel Mediterraneo per equipaggiare uno squadrone nel 1944. Impiegato nel ruolo antisommergibile durante la guerra, il Baltimore ottenne un discreto successo, contribuendo all’affondamento di circa otto U-boot tedeschi.
Questo aspetto meno noto dell’impiego del Baltimore dimostra come l’aereo fosse in grado di adattarsi a ruoli per i quali non era stato specificamente progettato, evidenziando ancora una volta la sua versatilità operativa. La sua capacità di operare efficacemente in missioni di pattugliamento marittimo e antisommergibile rappresentò un contributo significativo alla battaglia dell’Atlantico e alla sicurezza dei convogli alleati nel Mediterraneo.
Impiego nelle aviazioni alleate
La RAF trasferì numerosi Baltimore anche ad altri alleati nell’area mediterranea, estendendo notevolmente l’impronta operativa del velivolo. L’aereo venne utilizzato intensivamente nella campagna d’Italia per aprire la strada verso Roma alle forze alleate in avanzata dopo la capitolazione italiana nel 1943.
Un capitolo particolarmente interessante della storia operativa del Baltimore si verificò proprio a seguito dell’armistizio tra l’Italia e le forze armate alleate. Un reparto italiano, il 28° Stormo Bombardieri, venne equipaggiato con Baltimore ex-RAF, diventando il co-belligerante “Stormo Baltimore”. Questo sviluppo rappresentò una singolare circostanza in cui un aereo progettato per combattere l’Asse finì per essere impiegato da una nazione precedentemente nemica, ora alleata.
Gli italiani subirono notevoli perdite durante la fase di addestramento sul Baltimore. La maggior parte degli incidenti avvenne durante decolli e atterraggi a causa del carico alare relativamente elevato dell’aereo, dell’alta velocità di approccio e dei problemi di stabilità direzionale durante i decolli. Nonostante queste difficoltà iniziali, gli italiani operarono con il Baltimore per circa sei mesi. Molte di queste operazioni si svolsero in Jugoslavia e Grecia, fornendo supporto aereo alle forze partigiane o lanciando rifornimenti.
Questa diffusione del Baltimore tra diverse forze aeree alleate testimonia non solo la disponibilità di un numero significativo di esemplari, ma anche l’apprezzamento per le capacità operative dell’aereo, nonostante le sue peculiarità e difficoltà di pilotaggio. La capacità del velivolo di essere efficacemente impiegato da equipaggi con background formativi e addestrativi diversi ne evidenzia la relativa accessibilità operativa, una volta superate le iniziali difficoltà di familiarizzazione.
Principali varianti del Martin Baltimore
- Baltimore Mk I: versione con due motori Wright GR-2600-A5B radiali da 1.600 hp ciascuno, armata con 10 mitragliatrici da o.303 in (7.7mm), 8 Browning in posizione fissa e 2 Vickers K brandeggiabili, 50 esemplari costruiti
- Baltimore Mk II: come la Mk I ma con l’aggiunta di due mitragliatrici Vickers K brandeggiabili, rispettivamente in posizione dorsale e ventrale; 100 esemplari costruiti
- Baltimore Mk III: versione modificata derivata dalla Mk II con armamento difensivo portato a 14 mitragliatrici, torretta dorsale idraulica Boulton Paul armata con 4 mitragliatrici Browning. 250 esemplari costruiti
- Baltimore Mk IIIa (A-30-MA): versione ordinata dall’USAAF e successivamente ceduta alla RAF in base agli accordi Lend LEase, 2 mitragliatrici da 12.7 nella torretta dorsale idraulica; 281 esemplari costruiti
- Baltimore Mk IV (A-30A-MA): versione ordinata dall’USAAF e ceduta alla rag con 4 mitragliatrici da 7.7mm nelle ali; 294 esemplari costruiti
- Baltimore Mk V (A-30A-MA): versione prodotta per l’USAF dotata di due motori Wright R-2600-29 radiali da 1.700 cavalli ciascuno, ali armate con mitragliatrici da 12.7mm; 600 esemplari costruiti
- Baltimore GR. VI (A-30C-MA): di questa variante vennero costruiti solo due prototipi, era adibita alla ricognizione navale. Le modifiche comprendevano l’alleggerimento della fusoliera, sistemazione di due serbatoi di carburante supplementari e un siluro, un radar nel muso. Il programma con l’ordine per la costruzione di 900 esemplari venne cancellato nell’aprile del 1944.
Informazioni aggiuntive
- Nazione: UK
- Modello: Martin Baltimore Mk.I
- Costruttore: Glenn L. Martin Co.
- Tipo: BombardamentoSilurante
- Motore:
2 Wright R-2600-A5B Cyclone, radiali a 14 cilindri, raffreddati ad aria, da 1.660 HP ciascuno.
- Anno: 1942
- Apertura alare m.: 18.69
- Lunghezza m.: 14.78
- Altezza m.: 5.41
- Peso al decollo Kg.: 10.432
- Velocità massima Km/h: 486 a 3.350 m.
- Quota massima operativa m.: 7.315
- Autonomia Km: 1.530
- Armamento difensivo:
8 mitragliatrici
- Equipaggio: 4
- Bibliografia – Riferimenti:
- Enzo Angelucci – Paolo Matricardi: Guida agli aeroplani di tutto il mondo: la Seconda Guerra Mondiale (Mondadori) ISBN: 978-8804313823.
- Militaryfactory
- Aviastar