Nel corso degli ultimi anni si è riacceso in Giappone un dibattito profondo e controverso attorno alla figura dei kamikaze, i piloti suicidi che si lanciarono contro le navi alleate durante la fase finale della Seconda guerra mondiale. In un contesto segnato da una riscoperta identitaria e da un revisionismo strisciante, il libro di Christian Kessler, I kamikaze (1944-1945). Le loro storie, i loro ultimi scritti, arriva come un contributo prezioso e necessario. Ringraziamo sentitamente l’editore L’Ippocampo per averci messo a disposizione una copia del volume, che presentiamo ai lettori del nostro sito.
Nell’immaginario collettivo legato alla Seconda Guerra Mondiale, la figura del pilota kamikaze occupa un posto tanto terrificante quanto, spesso, frainteso. Associati a un fanatismo cieco e a un sacrificio estremo, i membri dei Corpi Speciali d’Attacco giapponesi rischiano di essere ridotti a una semplice e disumana statistica del conflitto nel Pacifico. Il saggio si assume il compito, tanto ambizioso quanto riuscito, di smontare questo stereotipo, portando il lettore in un’analisi storica, culturale e umana di rara profondità.
In queste lettere, non c’è traccia di un linguaggio bellicoso, di odio nei confronti del nemico – che d’altro canto viene nominato chiaramente di rado – , né di zelo religioso. L’espressione dell’odio, della rabbia, dell’intenzione omicida verso delle persone è quasi inesistente; l’idea di massacrare, eliminare, decimare, sterminare che ci si potrebbe aspettare di veder espressa in questi messaggi di soldati che vanno a combattere è relativamente poco presente.
Il volume si distingue per il rigore storico, la delicatezza dell’approccio e l’eccezionale valore documentale. Kessler, con la collaborazione di Émilie Champmont, offre una lettura lucida e profonda del fenomeno kamikaze, evitando sia la retorica nazionalista sia il giudizio moralistico. Il suo obiettivo è restituire umanità a quei giovani uomini, spesso poco più che ragazzi, che furono inghiottiti dalla macchina bellica giapponese tra il 1944 e il 1945.
Dopo il reclutamento degli studenti, la marina e l’esercito lanciano l’arruolamento degli adolescenti dai quindici ai diciassette anni, che costituiranno oltre la metà dei piloti kamikaze.
La dimensione di questo sacrificio è tutt’altro che marginale, come Kessler documenta con stime impressionanti:
Il numero esatto dei kamikaze non è noto, ma le stime storiche indicano che siano stati circa 6000. A questi andrebbero aggiunti gli altri soldati impegnati in missioni suicide, come fanti e sommergibilisti, oltre a tutti coloro che hanno perso la vita con l’arsenale suicida (ōka, kaiten e shinyō). In tutto, sembra che il numero potrebbe raggiungere i 15.000 morti.
Attraverso l’analisi di lettere, diari, poesie e testamenti spirituali, l’autore costruisce un affresco doloroso e toccante, che illumina le contraddizioni tra l’ideologia dell’onore, la propaganda dell’eroismo e la realtà intima della morte incombente. I kamikaze emergono così come individui concreti, attraversati da dubbi, paure, rimpianti e slanci sinceri, e non più come astrazioni mitologiche.
Uno degli aspetti più pregevoli del volume è la sua solidità accademica. La narrazione è supportata da un apparato critico di prim’ordine, come dimostrano le numerose note e, soprattutto, una ricca bibliografia che attinge direttamente a fonti in lingua giapponese. Questo dettaglio, non comune in opere divulgative, garantisce un livello di autenticità e accuratezza che eleva il libro ben al di sopra della media, offrendo prospettive e informazioni difficilmente reperibili altrove. La presenza di un glossario finale, inoltre, si rivela uno strumento prezioso per orientarsi tra terminologie specifiche e concetti culturali giapponesi.
L’autore accosta l’ultima lettera di un Kamikaze ad un analogo scritto di un membro della resistenza francese e a quella di uno Shahid, martire iraniano della guerra tra Iran e Iraq; l’autore usa questi accostamenti per offrire un termine di paragone diverso e forse culturalmente più vicino alla mentalità dei lettori occidentali.
Il libro è strutturato in cinque capitoli principali, che ricostruiscono il contesto politico e militare giapponese dell’epoca, l’origine e lo sviluppo delle unità speciali d’assalto (tokkō), le forme di reclutamento (spesso forzato), le fasi dell’addestramento e le principali operazioni suicide, culminando nella battaglia di Okinawa. Ampio spazio è dedicato agli ultimi scritti dei piloti, ai quali Kessler restituisce voce e dignità.
L’autore con pazienza guida il lettore alla corretta comprensione delle lettere scritte da questi ragazzi, poco prima di morire. Spiega il ruolo della censura (e dei sistemi usati da questi ragazzi per aggirarla), il militarismo giapponese del periodo, gli stereotipi del tempo, le tradizioni culturali giapponesi, gli aspetti economici. Provare ad osservare questo fenomeno con gli occhi di oggi significa inevitabilmente averne una versione distorta, i capitoli iniziali offrono gli strumenti per riuscire a calarsi nella realtà storica e culturale di quel particolare e di avere una visione più nitida.
Viene preso in considerazione il punto di vista americano, i bersagli degli attacchi speciali, e si riesce a percepire lo stupore, la paura e persino la rabbia delle vittime dei Kamikaze.
La forza del volume sta nel suo equilibrio: Kessler non assolve né condanna, ma osserva, analizza e interpreta. Mette in luce le pressioni psicologiche, sociali e culturali che portarono quei giovani a obbedire a un ordine tragico, e smaschera l’illusione del “volontariato” in un sistema che trasformava la scelta in obbligo morale.
Questo equilibrio non è banale: si tratta di un argomento in cui è difficile resistere alla tentazione di esprimere un giudizio morale, l’autore riesce in questa difficile missione e permette ai lettori di farsi una propria opinione
Un aspetto particolarmente rilevante è l’approfondimento sul ruolo della scrittura nella cultura giapponese: le lettere dei kamikaze si collocano in una tradizione letteraria antica e rispettata, quella dei diari personali, e diventano così non solo testimonianza storica ma anche espressione spirituale. Sono documenti umani di immenso valore, capaci di commuovere e far riflettere anche a distanza di decenni.
I kamikaze rappresentano l’élite della società giapponese: nell’85% dei casi sono arrivati almeno fino al liceo. Molti sono stati reclutati all’università e numerosi sono i neodiplomati. Le loro lettere non danno l’immagine di giovani fanatici, loro che hanno letto i poco « militaristi » Kant, Goethe, Rousseau, Rolland, Gide, Sand, Mann, Tolstoj, e che citano persino Marx e Lenin.
Il libro non è una lettura per chi cerca unicamente il racconto adrenalinico della battaglia. È un saggio storico denso, a tratti commovente, che richiede attenzione. Si rivolge all’appassionato di storia militare che desidera comprendere le motivazioni profonde dietro le strategie, allo studioso del Giappone e a chiunque voglia guardare alla Seconda Guerra Mondiale con occhi nuovi, mettendo in discussione le narrazioni più semplicistiche. Per i lettori del nostro sito, rappresenta un’occasione imperdibile per approfondire uno degli aspetti più drammatici della Guerra del Pacifico.
I kamikaze (1944-1945) è un libro che non si limita a raccontare la storia, ma aiuta a comprenderla in tutta la sua complessità. In un tempo in cui la memoria del conflitto rischia di appiattirsi in rappresentazioni semplicistiche, questo volume ci ricorda che dietro ogni uniforme c’è un volto, dietro ogni missione un’esistenza spezzata, dietro ogni mito un dramma umano.
Un testo consigliatissimo a chiunque voglia approfondire la storia della Seconda guerra mondiale da una prospettiva inedita e autentica. La qualità della traduzione italiana lo rende inoltre un’opera pienamente fruibile e particolarmente preziosa per il nostro pubblico. Il volume è disponibile per l’acquisto direttamente sul sito dell’editore.
Informazioni aggiuntive
- Autori: Christian Kessler
- Editore: L'Ippocampo
- Anno: 2025
- ISBN: 9791256730193