Una scoperta straordinaria al Landesmuseum Natur und Mensch di Oldenburg ha gettato nuova luce sulla complessa eredità del saccheggio culturale nazista durante la Seconda Guerra Mondiale. Sette oggetti metallici, acquisiti dal museo nel 1983 e ritenuti per oltre quarant’anni manufatti romani provenienti da Bentumersiel nella Bassa Sassonia, sono stati identificati come possibile bottino di guerra razziato dalle truppe tedesche ad Arnhem, nei Paesi Bassi, durante le drammatiche fasi finali del conflitto.
Una Provenienza Dubbia fin dall’Inizio
Gli oggetti in questione – un gruppo di fibule, una statuetta e altri pezzi decorativi in metallo – furono acquisiti dal museo nel 1983 da un collezionista privato. Già al momento dell’acquisizione, la loro provenienza suscitò perplessità tra gli esperti del museo. La documentazione dell’epoca riporta infatti la notazione “presumibilmente Bentumersiel?”, un punto interrogativo che tradiva i dubbi sulla reale origine di questi manufatti.
Bentumersiel è un sito archeologico significativo situato lungo il fiume Ems, noto per i ritrovamenti legati alla presenza militare romana e per il recupero di oggetti di lusso dell’epoca imperiale. Tuttavia, già durante l’acquisizione iniziale, qualcosa non quadrava nella storia di questi oggetti.
La Ricerca di Provenienza Svela la Verità
Le recenti indagini, condotte nell’ambito di un più ampio progetto di ricerca archeologica del Landesmuseum in collaborazione con il Leibniz Centre for Archaeology (LEIZA) e il Fries Museum di Leeuwarden, hanno finalmente risolto il mistero. L’analisi scientifica della composizione metallica e della datazione degli oggetti ha rivelato incongruenze significative con il sito di Bentumersiel.
Un esame approfondito dei documenti di acquisizione ha suggerito un’origine alternativa e molto più inquietante: Arnhem, nei Paesi Bassi, durante le ultime fasi della Seconda Guerra Mondiale. I documenti storici confermano che le forze tedesche saccheggiarono sistematicamente le abitazioni abbandonate di Arnhem durante i feroci combattimenti per il controllo del ponte sul Reno, inclusa la rimozione di preziosi manufatti culturali.
Il Ponte di Arnhem: Teatro di Battaglia e Saccheggio
La battaglia di Arnhem, combattuta nel settembre 1944 nell’ambito dell’Operazione Market Garden, fu uno degli scontri più cruenti del fronte occidentale. Mentre le truppe alleate combattevano disperatamente per conquistare il ponte strategico sul Reno – immortalato poi nel film “Un ponte troppo lontano” – le forze tedesche, oltre a respingere l’attacco, condussero operazioni sistematiche di saccheggio nelle abitazioni evacuate della città.
Durante questi rastrellamenti, vennero sottratti non solo beni di valore immediato, ma anche collezioni private di oggetti archeologici e storici appartenenti a cittadini benestanti e collezionisti locali. Tra questi vi era la collezione di Adam Jacobus Hieronimus Van der Toorn.
La Collezione Van der Toorn
Adam Jacobus Hieronimus Van der Toorn (1870-1919) fu un fotografo e collezionista di Arnhem la cui passione per l’archeologia lo portò ad accumulare una notevole raccolta di manufatti antichi. Dopo la sua morte, la collezione fu trasferita dai suoi eredi a due istituzioni museali: il Fries Museum di Leeuwarden e il Museum Arnhem.
L’analisi fotografica e il confronto delle etichette hanno fornito prove convincenti che gli oggetti conservati a Oldenburg appartenessero originariamente proprio a questa collezione. Le fotografie storiche mostrano manufatti sorprendentemente simili a quelli ora identificati come bottino di guerra, mentre le caratteristiche delle etichette corrispondono al sistema di catalogazione utilizzato da Van der Toorn.
L’Importanza della Ricerca di Provenienza
La dottoressa Annette Siegmüller, archeologa e attuale collaboratrice di ricerca presso il Landesmuseum Natur und Mensch, ha sottolineato l’importanza di questa scoperta: “Le prove indicano con forza che questi manufatti sono effettivamente razziati. La nostra ricerca non solo amplia la conoscenza sulla nostra collezione, ma riflette anche la nostra responsabilità etica nella gestione del patrimonio culturale.”
Il caso di Oldenburg dimostra come anche oggetti apparentemente innocui e ben documentati possano nascondere storie complesse di appropriazione illecita. La presenza di una documentazione di acquisizione che menzionava Bentumersiel aveva fornito per decenni una copertura di legittimità, mascherando la vera origine degli oggetti.
Un Impegno Istituzionale verso la Trasparenza
La direttrice del museo, la dottoressa Ursula Warnke, ha enfatizzato il significato più ampio di questa scoperta: “I musei non sono semplici custodi di oggetti; sono luoghi per un impegno critico con le storie delle loro collezioni. La ricerca di provenienza richiede un esame attento – anche quando l’origine di un oggetto è stata a lungo considerata sicura. Abbracciamo la trasparenza, la collaborazione e la riflessione etica come elementi centrali della missione del nostro museo.”
Questa posizione riflette un cambiamento significativo nell’atteggiamento dei musei europei verso le proprie collezioni. Sempre più istituzioni stanno conducendo ricerche approfondite per identificare oggetti che potrebbero essere stati acquisiti illegalmente durante periodi di conflitto o occupazione.
Oggetti Ancora Dispersi
Il Landesmuseum sta attualmente indagando sul destino di altri oggetti provenienti dallo stesso lotto di acquisizione del 1983, dei quali rimangono solo fotografie. Queste immagini raffigurano manufatti metallici finemente lavorati e rari oggetti in osso, probabilmente databili al primo periodo medievale e originari della regione costiera olandese.
Sono in corso sforzi collaborativi con colleghi di musei tedeschi e olandesi per rintracciare le origini e l’attuale ubicazione di questi manufatti. Questa ricerca transnazionale rappresenta un esempio di come la comunità museale europea stia affrontando collettivamente le complesse eredità del saccheggio culturale durante la guerra.
La Mostra Autunnale
Il museo ha annunciato piani per esporre temporaneamente i manufatti riattribuiti insieme alla storia della loro turbolenta vicenda in un’esposizione prevista per l’autunno. La mostra promette non solo di presentare l’eccezionale maestria artigianale di questi oggetti, ma anche di confrontarsi con la difficile storia del saccheggio durante la guerra e con l’impegno continuo del museo verso una gestione etica delle collezioni.
Questa esposizione rappresenterà un’opportunità educativa importante per il pubblico, permettendo ai visitatori di comprendere come gli oggetti museali portino con sé storie che vanno ben oltre il loro valore estetico o archeologico.
Il Contesto Più Ampio del Saccheggio Culturale Nazista
La scoperta di Oldenburg si inserisce nel più ampio contesto del saccheggio culturale sistematico condotto dal regime nazista in tutta l’Europa occupata. Mentre la maggior parte dell’attenzione si è concentrata sul furto di opere d’arte di alto valore da musei e collezioni private di famiglie ebree, il saccheggio nazista fu molto più capillare e diffuso.
Le truppe tedesche razziarono sistematicamente non solo capolavori riconosciuti, ma anche collezioni archeologiche, biblioteche, archivi e oggetti di valore storico-culturale. Molti di questi manufatti “minori” sono rimasti nell’ombra per decenni, spesso integrati in collezioni museali o private senza che la loro vera provenienza fosse mai verificata.
L’Importanza della Collaborazione Internazionale
Il caso di Oldenburg dimostra l’importanza fondamentale della collaborazione internazionale nella ricerca di provenienza. Senza il confronto con i colleghi del Fries Museum di Leeuwarden e del Museum Arnhem, sarebbe stato impossibile identificare correttamente questi oggetti.
Il Leibniz Centre for Archaeology (LEIZA) ha svolto un ruolo cruciale nell’analisi scientifica dei manufatti, utilizzando tecniche moderne di datazione e analisi della composizione metallica per confermare che gli oggetti non corrispondevano alle caratteristiche dei ritrovamenti di Bentumersiel.
Implicazioni per Altri Musei
La scoperta di Oldenburg lancia un messaggio chiaro ad altri musei europei: la provenienza di qualsiasi oggetto acquisito tra gli anni ’30 e gli anni ’50 del Novecento deve essere verificata con estrema attenzione. Anche quando esiste una documentazione apparentemente solida, possono nascondersi storie di appropriazione illecita.
Molti musei stanno ora intensificando i loro sforzi di ricerca, spesso con il supporto di finanziamenti governativi specificamente destinati alla ricerca sulla provenienza. Questo lavoro richiede tempo, expertise e risorse considerevoli, ma è considerato essenziale per mantenere l’integrità etica delle istituzioni culturali.
Verso la Restituzione?
Sebbene l’articolo non menzioni esplicitamente i piani per la restituzione dei manufatti ai Paesi Bassi, la loro identificazione come bottino di guerra razziato pone inevitabilmente questa questione. La restituzione di beni culturali saccheggiati durante la Seconda Guerra Mondiale è diventata una priorità per molti governi e istituzioni europee.
Il processo di restituzione, tuttavia, è spesso complesso. Richiede non solo l’identificazione degli oggetti e della loro provenienza, ma anche la determinazione degli eredi legittimi o delle istituzioni a cui dovrebbero essere restituiti. Nel caso della collezione Van der Toorn, parte dei manufatti è già conservata in musei olandesi, il che suggerisce che questi oggetti dovrebbero probabilmente essere riuniti alla collezione originale.
Una Lezione di Storia Vivente
Questa scoperta sottolinea come gli oggetti museali siano testimoni silenti di eventi storici complessi e spesso tragici. I sette manufatti metallici di Oldenburg hanno attraversato quasi un secolo di storia: dalla loro creazione nell’antichità, alla raccolta da parte di un appassionato collezionista olandese, al violento saccheggio durante una delle battaglie più cruente della Seconda Guerra Mondiale, fino alla loro acquisizione da parte di un museo tedesco che per decenni ne ha ignorato la vera origine.
La loro storia riflette le complessità morali e storiche che molti musei europei stanno affrontando mentre riesaminano criticamente le proprie collezioni. È un promemoria del fatto che il passato non è mai davvero chiuso e che nuove scoperte possono sempre rivoluzionare ciò che pensavamo di sapere.
Fonti:
- ArkeoNews: “From Arnhem to Oldenburg: Nazi-Looted Artifacts Found in Oldenburg Museum Collection” (https://arkeonews.net/from-arnhem-to-oldenburg-nazi-looted-artifacts-found-in-oldenburg-museum-colection/)
- Landesmuseum Natur und Mensch Oldenburg (Facebook)
